blog di luciano

Poveri bamboccioni

Due annunci di lavoro scovati sul web«Studiate, studiate, così troverete più facilmente lavoro!»
Per quante generazioni questo è stato il viatico e lo studio era diventato, spesso quale frutto di enormi sacrifici per le famiglie, la chiave per alcuni per un riscatto sociale. Prima il mito era tutto contenuto nel diploma, poi nel tempo è diventata l'Università.
Oggi, lungo il percorso della scuola, tutto sembra essere complicato, dopo le medie inferiori, in un equivoco irrisolto in Italia. Già se la scelta delle superiori non è facile, non c’è mai stata chiarezza fra scuola e formazione, creandosi una grande ambiguità fra l'istruzione che dovrebbe portare ad un mestiere alla fine del percorso e quelle scuole, invece, che di fatto ti portano verso l'Università. La formazione pratica in Italia (ed anche in Valle) è stata via via depotenziata quasi che ci si dovesse vergognare della parte più concreta e si dovesse esaltare l'insieme della materie "canoniche" e ciò ha reso più difficile il ponte fra formazione ad un mestiere e il mestiere stesso.
A complicare le cose, ci si è messa pure la bufala colossale delle due lauree, quella triennale e quella magistrale, che hanno di fatto creato un laureato di serie B, con l'ulteriore confusione di master di due livelli. E alla fine c'è chi entra nel girone dantesco dell'approfondimento e, ancora a trent'anni, si aggira a specializzarsi.
A fare pendant è un mondo del lavoro che sembra aver cancellato la definizione "a tempo indeterminato", inventandosi formule infinite per precarizzare il lavoro e il richiamo a formule più flessibili diventa la foglia di fico dell’incertezza.
Noi genitori saremo pure imbattibili a forgiare "bamboccioni", ma qualche circostanza esterna ostile la dobbiamo pure segnalare.

La verità

Silvio BerlusconiLeggo dell'incontro di ieri fra il Presidente della Regione Augusto Rollandin ed il Senatore della Valle d'Aosta Tonino Fosson con il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Mi par di capire che ci fossero anche autorevoli esponenti locali del PdL.
A chi segnala l'eccezionalità dell'evento, cioè un Presidente del Consiglio che dedica un'ora del suo tempo alla Valle d'Aosta, vorrei dire sommessamente che di eccezionale, in verità, non c'è nulla.
I parlamentari valdostani, in coppia senatore e deputato, talvolta con il Presidente della Regione, hanno in passato lungamente incontrato e discusso con i Premier in carica a Palazzo Chigi, per altro senza bisogno di essere accompagnati da valdostani dello stesso partito di chi era in carica in quel momento, trattandosi di incontri istituzionali.
Io posso ricordare quel che ho vissuto da deputato e la storia è scritta. Ricordo le memorie presentate ed esposte allo scomparso Giovanni Goria, gli approfondimenti con Ciriaco De Mita, i ripetuti e interessanti incontri con Giulio Andreotti, la fattiva collaborazione - nelle diverse sue esperienze di Presidente - di Giuliano Amato (una volta in via del Corso con Bettino Craxi restammo quasi due ore), idem per Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini Presidenti "tecnici" attenti alle nostre cose, inutile dire del rapporto privilegiato con Romano Prodi e con Massimo D'Alema (con il quale sono stato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).
Nel mio mandato parlamentare e nel mio ruolo di Presidente della Regione, chi aveva dimostrato meno interesse per incontri diretti era sempre stato proprio Silvio Berlusconi, che tra l'altro a differenza di molte delle persone citate qui sopra, non è mai venuto in visita in Valle.
Ora, invece, dimostra interesse. Ne sono lieto.

La chiarezza della storia

Lo zerbino all'ingresso della Camera dei deputatiIl sistema di voto proporzionale con cui si votava in passato il Parlamento in Italia obbligava spesso, in fase di formazione in rapida successione dei Governi, a fare la corte anche a singoli deputati o senatori che risultassero decisivi al voto di fiducia. L'iniezione di maggioritario nel sistema elettorale, specie in questa Legislatura in cui il metodo ha posto nelle mani dei partiti la scelta di candidati "fidati" e di maggioranze salde, ha offerto sino ad oggi uno scenario diverso.
Ma il dissenso dei finiani e il no leghista all'Udc ci hanno fatto ripiombare in piena Prima Repubblica con corteggiamenti di singoli parlamentari cui strappare il voto e rassicurazione sulla dote in caso di matrimonio.
Credo che in questa fase sarebbe saggio essere cauti per gli evidenti scricchiolii di un sistema cui sarebbe bene non legarsi in limine, limitando i propri spazi di libertà.
Sono tempi grami e difficili che preludono a grandi cambiamenti che spazzeranno via molte cose e nelle epoche di passaggio conta mantenere netta e pulita la propria posizione e, nel caso della Valle d'Aosta, una chiarezza che deriva dalla storia.

La vitalità delle partecipate

La caserma Testafochi, sede della nuova universitàPensavo, nella mia ingenuità, che la "Nuova Università Valle d'Aosta", società pubblica incaricata della ristrutturazione della caserma "Testafochi", dovesse occuparsi - e ce n'è già da fare - del contenitore e non del contenuto.
Mi sbagliavo: a parte l'incredibile scelta della definizione, che sembra dare della "vecchia" ad un'Università che ha soli dieci anni e il cui acronimo richiama - con evidente ingenuità - il "Nucleo di Valutazione" che opera da anni, un recente seminario dimostra che l'amministratore della società, Bruno Milanesio, intende occuparsi anche del contenuto, tipo quali facoltà ci dovranno essere e quali materie dovranno essere trattate. Si vede che questa è una "mission" che gli è stata data e che va ben al di là di progettazioni e appalti.
Chi conosce la complessità della materia, fra autonomia universitaria e leggi assai barocche sull'ordinamento degli atenei, con il dovere di chi paga - la nostra Regione - di fissare gli indirizzi, non può che osservare con curiosità il nuovo soggetto politico, evoluzione evidentemente del concetto di "partecipata", che si sostituisce a Governo e Consiglio regionale.
Le partecipate nascono e poi brillano di luce propria. Altro caso d'attualità è "Cva - Compagnie valdôtaine des Eaux": mentre il pubblico, di cui questa stessa società fa parte, si accinge a dolorosi tagli nelle assunzioni a tempo determinato, la società elettrica con grande regolarità continua ad assumere.
Oppure, altro esempio, viene dalla "Casino Spa" che, per evitare proteste sindacali, propone in busta paga sostitutivi della mance e, dopo la raffica di prepensionamenti, nati per ridurre il personale, avvia una nuova stagione di assunzioni.

Contro la televisione "urlata"

François FillonL'altra settimana ho visto su "France 2", in prima serata, lo "speciale" dedicato alla riforma pensionistica, che ha riempito di manifestanti, contrari all'allungamento dell'età di pensionamento (inferiore comunque all'Italia), strade e piazze di tutta la Francia.
Il confronto sulla televisione pubblica è stato serio, interessante e documentato, mostrando con chiarezza la posta in gioco. La prima parte, senza interruzioni, ululati, bisticci - come nelle televisioni italiane - ha consentito al primo Ministro François Fillon, futuro capro espiatorio delle difficoltà della "droite", di illustrare le proprie ragioni, pur incalzato da domande per nulla tenere della conduttrice e di un altro giornalista. Il fronte del "no" è stato rappresentato, con lo stesso tono educato e comprensibile, dai sindacati e da Ségolène Royal, la socialista a suo tempo umiliata alle presidenziali dal Presidente Nicolas Sarkozy, che con questa storia della riforma previdenziale è a picco nei sondaggi.
Abituato a guardare i talk show italiani, sembrava di essere in un altro mondo, visto che alla fine il telespettatore ha, attraverso un confronto civile, la possibilità di formarsi un'opinione.
Quando, giorni fa, accennavo all'importanza di una televisione regionale con spazi di una certa ampiezza, mi riferivo anche a questa necessità: dibattiti e confronti che consentano all'opinione pubblica valdostana, su grandi temi, di ricavarne delle convinzioni. La democrazia funziona solo se, tolti insulti, invettive e le polemiche, i problemi e le soluzioni diverse per risolverli diventano comprensibili al cittadino-elettore.

Il racconto della malattia

Pietro CalabreseLeggo, con dispiacere, della morte di Pietro Calabrese, noto giornalista, che conobbi alla fine degli anni Novanta, nel suo breve passaggio alla "Rai", quando - essendo tra l'altro incaricato di un ripensamento della regionalizzazione della radiotelevisione pubblica - ebbi modo di presentargli qualche idea sul radicamento locale della Rai per avere una "Terza rete televisiva" davvero espressione dei territori.
Poi ho seguito la sua carriera e leggevo la sua rubrica settimanale su "Sette" del "Corriere della Sera", dove mostrava acume e originalità.
Mi avevo colpito, ad esempio, quando cominciò - mesi fa - a raccontare di un suo amico, Gino, cui era stato diagnosticato un cancro al polmone e di cui prese ad annotare il percorso medico ed umano con originalità e partecipazione, che mi aveva molto coinvolto nel capire le difficoltà nel percorso di un malato oncologico.
Confesso di averci messo un po' a capire che Gino fosse proprio lui e che avesse, come in un racconto letterario, scelto di raccontare la sua malattia, i dolori, le speranze attraverso un "nom de plume" e le ultime volte, annotando un peggioramento, la sua prosa si era fatta nostalgica ma serena, come se avesse la consapevolezza dell'approssimarsi della fine e credo che un diario pubblico di questo genere sia stata una scelta coraggiosa.
Ho letto che a giorni, purtroppo postumo, uscirà un libro sul racconto della sua vita dopo la scoperta del tumore: lo leggerò come omaggio a chi ha saputo raccontare la malattia come momento di riflessione e di introspezione sulla vita.

Il cinema dei ricordi

La scritta, ormai decadente, del Cinema IdealL'altro giorno sono stato al cinema "Ideal" di Verrès per vedere un film e mi mette sempre nostalgia pensare che da ragazzino ho passato tante ore con gli amici lì dentro, in un epoca in cui "andare al cinema" era uno dei pochi svaghi e le sale non subivano la concorrenza dei film in televisione, di quelli in affitto in videoteca e delle "pellicole" (la definizione è rimasta anche se tutto è digitale) acquistabili con la "pay-per-view".
Inutile ricordare che all'epoca, da bocia, era nel buio del cinema che si azzardava la corte alle ragazze e si facevano la prima volta i tiri ad una sigaretta...
La struttura, all'epoca della sua apertura, direi inizio anni Settanta (sostituendo il vecchio cinema che era all'imboccatura della Val d'Ayas), era straordinaria per i tempi e frutto dello sforzo imprenditoriale - mi piace ricordarlo - di Giuseppe "Pino" Bréan, per altro tristemente dimenticato, che era stato per pochi mesi Presidente del Consiglio regionale nel 1954. Un uomo elegante e affabile, ormai anziano, che ti accoglieva all'ingresso del cinema.
In seguito ci fu la crisi che negli anni Ottanta colpì le sale cinematografiche e  una buona parte dei gestori andò in difficoltà. Ora, dopo essere entrato in procedure fallimentari, il cinema - che era stato riaperto poco tempo fa con una formula d'affitto e con opere di adeguamento e miglioria - sarà comprato dal Comune di Verrès.
Un forte investimento, pensando ai costi d'acquisto, ai fondi necessari per modernizzarlo e poi alle spese di gestione e di manutenzione (tutto rientra nel "patto di stabilità" per i Comuni), immaginando poi che - se pure, come pare, sarà anche ad uso teatrale e non solo cinematografico - non sarà certo il settore pubblico a poterlo gestire direttamente e ci vorranno procedure di appalto inevitabilmente a prezzi di mercato, essendo un settore non sociale ma inserito nelle regole di concorrenza. 
Sarà bene, comunque, coordinare questa scelta con l'importante auditorium previsto nell'ex cotonificio "Brambilla" per evitare "cattedrali nel deserto".

Frank mi ha chiesto...

La targa dell'appartamento di SinatraHo dormito, come ospite, in una camera d'hôtel dove aveva dormito Frank Sinatra, "The Voice", che trovavo repellente da ragazzo (ora ho scaricato qualche suo classico, tipo "My Way", sull'iPod e lo ascolto volentieri) e di cui ho letto in passato cose non troppo edificanti per i suoi legami con la mafia.
Eppure - sarà la suggestione o forse la digestione - ma ho sognato Sinatra, anzi l'aspetto realistico stava nel plot del sogno: sentivo un rumore, accendevo la luce nella stanza e Frank con i suoi occhi azzurri e un cappello bicolore (che ricordo di aver visto nella copertina di un disco) mi poneva domande precise sulla situazione politica valdostana con commenti simpatici e una certa empatia.
Ed io, passato lo spavento iniziale, ho trovato il dialogo piacevole sino a quando mi sono svegliato davvero.
Cosa ci siamo detti? Resterà un segreto fra me e Sinatra, che ha dimostrato di essere informatissimo...
Devo trovare una stanza d'albergo dove abbia dormito Marilyn Monroe. Chissà.

Forse è solo un sogno

Il depliant del rendez vous di BiarritzCome lo scorso anno, sono stato per lavoro a Biarritz, celebre località balneare sull'Atlantico, dove si incontrano le principali società di produzione e di distribuzione televisiva e cinematografica francesi. 
Un mondo interessante (ho trovato anche un'erede di nostri émigrés!), che mostra cosa significhi un "gusto europeo" rispetto allo strapotere del "gusto americano" in questo settore e la Francia ha fatto molto a difesa dell'"audiovisuel".
Quando si viene in ambienti come questo, è facile sognare di avere - prima o poi - una televisione pubblica generalista in Valle d'Aosta, fallito ormai tanti anni fa il disegno della televisione privata regionale con "RTA" (RadioTeleAosta), sommersa dai debiti.
E tutti constatano come le "finestre" locali su "Rai3" siano assai limitate, pur importanti, pensando che in quasi tutte le Regioni i cosìdetti programmi sono spariti da tempo.
Se si sommassero le potenzialità di produzione locale (autoproduzione "Rai" e società locali) nelle lingue della Valle (italiano, francese, francoprovenzale e - sottotitolate - le parlate dei walser) con possibili acquisti sul mercato francofono (non solo francese) su cataloghi amplissimi sarebbe, possibile dar vita ad una "Terza rete bis" (facile con il digitale), come avviene a Bolzano e a Trieste per sudtirolesi e sloveni, che consenta in certi orari al telespettatore di scegliere fra nazionale e regionale, situati come sarebbero su due distinti canali.
Una televisione regionale non è un lusso ma una necessità, essendo ormai il mezzo più diffuso attraverso il quale una comunità può riflettere i diversi aspetti della propria personalità e aprirsi al confronto.

Le identità si trasfigurano

Il pubblico presente alla Festa della Valle d'Aosta con i gonfaloni dei Comuni valdostaniLa mondializzazione (o, se preferite, la globalizzazione) deve fare i conti con le culture, la loro ricchezza e diversità, che rendono l'umanità mutevole e molteplice.
Ovvio - per banalizzare - che le marche di jeans siano le stesse nel mondo (con mirabolanti "tarocchi"), che i medesimi brani musicali siano "scaricati" attraverso tutti i Continenti, non c'è dubbio sul fatto che certi cibi, dagli hamburger alla pizza, si trovino sotto qualunque latitudine, la televisione propone dappertutto gli stessi "format" (ricordate il film "The Billionaire"?) e ciò potrebbe rendere tutto simile con un "effetto schiacciasassi".
In realtà, però, ogni cultura assorbe, interpreta e infine digerisce questa apparente uniformizzazione attraverso il proprio bagaglio e il proprio modo di essere, creando una forma di integrazione di quanto di nuovo arriva. Così persiste, infine, la differenza che passa le novità attraverso il "filtro" delle persone, dei popoli, delle comunità.
Leggo di tanto in tanto, con punte polemiche in occasione della "Festa della Valle d'Aosta", attacchi rabbiosi e lividi all'identità valdostana, come se fosse una cosa grottesca, risibile e fasulla. Invece si tratta di un'identità in movimento, fatta come avviene per tutte le identità di un patrimonio di idee, miti, comportamenti, costruzioni, simboli, che si trova a confronto con una realtà più aperta e complessa che in passato. Con l'avvertenza per gli scettici e i sarcastici professionali che le radici ci sono e non sono invenzioni: si tratta di cultura, che legittimamente può non piacere e nessuno obbliga nessuno a riconoscerla e a condividerla, ma esiste e cambia nel tempo, trasfigurandosi.

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