blog di luciano

Quei "palloncini"...

Un alcooltestLeggo dell'incremento in Valle del numero delle patenti ritirate per il superamento della soglia di alcool consentita: non ne sono per nulla stupito e permettetemi di evitare le polemiche sulla bontà o meno del limite in vigore, che è in linea con la media europea. Per altro, come mi è capitato di vedere nel nord Europa, chi vuole bere non guida.
Tutti i dati esistenti e i rilevamenti effettuati da noi confermano l'esistenza di un problema serio che riguarda la salute di chi eccede e i rischi causati da chi guida in stato di ubriachezza, anche se poi l'ubriaco, ma è un fatto culturale, fa sorridere.
Non sono astemio e forse in qualche caso il "palloncino" (anche se ora il sistema di rilevamento è elettronico) mi avrebbe appiedato (ricordando certe serate penso davvero all'esistenza di un angelo custode), per cui non c'è moralismo becero e non mi metto in cattedra, tuttavia confermo l'idea che rispetto agli eccessi non sono la repressione o il proibizionismo la strada maestra. Ma credo che far finta di niente sia ipocrita e non vale la politica del rinvio e un certo rigore, basato su campagne informative e formative, serve a fissare regole di cui tutti siano consapevoli.

Come un cammeo

Una riunione della Commissione affari costituzionali della CameraHo lavorato per anni sulle norme giuridiche e mi capita di farlo ancora. Come un garzone di bottega, mi sono formato alla scuola della Commissione Affari costituzionali della Camera, settimana dopo settimana per anni, a guardare decreti, disegni e proposte di legge, visto che tutti i provvedimenti passavano di lì per la costituzionalità (e non solo) ed io, come un soldatino, ci passavo ore.
In quella Commissione o nelle altre Commissioni, presentavo emendamenti modificativi, quando necessario, a favore della Valle (e non solo) ed è un mestiere, che poi ho concretizzato in mie proposte di legge, e che ha - naturalmente secondo me - aspetti quasi artistici nella scelta delle soluzioni e poi nella scrittura.
Capisco che mi prenderete per matto, ma ancora oggi trovo norme o leggine che ho scritto e sono contento, sentendole immagino come un poeta che ama un suo verso o un pittore che guarda un suo quadro, anche se a dimostrarlo sono solo i resoconti sommari o stenografici che fanno la radiografia del lavoro del parlamentare più di tante parole.
Le norme costituzionali riguardanti la Valle, dalla fine degli anni Ottanta all'inizio degli anni Duemila, le conosco per ogni verbo o avverbio impiegato, virgole comprese, avendoci lavorato in lunghe sedute ristrette fino all'approdo dell'aula. Quando intervenivo su di un tema importante, mi sembrava straordinario potermi esprimere a nome della Valle e - l' ho già scritto - quando mi capitava di essere citato come "il valdostano Caveri" mi veniva da pensare «ben fatto».
Ora certe conoscenze (know-how si dice),  rese ancora più singolari dal Parlamento europeo con il complesso procedimento della codecisione che non capisci se non lo hai vissuto, le esercito in Consiglio Valle e nella Commissione Paritetica Stato-Valle d'Aosta e ne sono contento.
Durante una pausa, proprio della Paritetica, mi sono trovato in mano una bella edizione della Costituzione repubblicana e ritrovare all'articolo 116 quella dizione bilingue della Valle (Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste), che scarabocchiai come emendamento su un foglio intestato della Camera, mi ha emozionato, come il profilo di un cammeo.
D'altra parte, quando vive certi momenti non hai coscienza della loro irripetibilità, sapendo in più che, come ha scritto Anton Čechov: "La vita è teatro, ma non sono ammesse le prove".

Trent'anni fa

Il sottoscritto dopo trent'anni di RaiTrent'anni non sono poca cosa: il 22 febbraio del 1980, casualmente coincidente con la data del compleanno di mio papà, entrai come praticante giornalista alla "Rai".
Avevo appena compiuto 21 anni e ebbi la fortuna di coronare il mio sogno di ragazzo, visto che avevo cominciato ancora da studente a "fare" la radio in quella stagione magica della liberalizzazione del settore radiotelevisivo ed avevo deciso che il mestiere che mi piaceva sarebbe stato quello di giornalista.
Quella data era e resta per me indimenticabile, come un "punto e a capo" decisivo della mia vita. Dovrei evocare tante persone, ma vorrei ricordarne una per tutte: il mio Caporedattore Mario Pogliotti, che ebbe il coraggio di credere in me e che era - mi aveva poi detto - incuriosito da quell'entusiasmo che avevo nel raccontare fatti e vicende.
E' vero che dal 1987 sino al 1° marzo dello scorso anno sono stato, per tanto tempo, in aspettativa per mandato politico (una strada presa per caso), ma negli anni ho sempre continuato - in diverse forme - a fare il giornalista ed ho sempre considerato, anche se è molto cambiata da allora, la "Rai" come la mia "azienda" (così è sempre stata definita).
Mi fa piacere ricordare pubblicamente questo anniversario, pur sapendo quanto di convenzionale c'è nell'usare nella nostra vita le date come pretesto per misurare il tempo e i nostri cambiamenti.

Sanremo per ridere

Antonella Clerici si toglie la giarrettiera sul palco dell'Ariston davanti ad Antonio CassanoChe cosa spinge una persona a guardare il "Festival di Sanremo"? Se l'Auditel ha ragione - e comunque sui meccanismi di rilevazione nutro forti dubbi nella corrispondenza fra campione e realtà  - milioni e milioni di persone lo hanno fatto e suppongo che ciò avvenga con diverse motivazioni.
Credo di poter dire che la mia generazione, cresciuta con l'appuntamento annuale con il Festival, lo fa con una logica di voyeurismo: per una volta si diventa tutti un pò sociologi, un pizzico psicologi, un tantino esperti di moda e di canzoni. Perché la molla è quella di farsi delle grandi risate con la presentatrice oversize che intervista i personaggi internazionali con domande da bambina dell'asilo; perché si ride di cantanti "big" sconosciuti che cantano canzoni improponibili per non dire di chi palesemente stona; perché hanno messo insieme coppie da incubo: penso a Pupo ed Emanuele Filiberto che neppure il dottor Frankenstein avrebbe affiancato per un motivetto nazionalistico furbesco, aborrito persino dall'orchestra in sala!; perché i rischi enormi di manipolazione del cosìdetto televoto si sono mostrati dal vivo nelle contestazioni fra gli esiti e la sensibilità degli spettatori all'Ariston.
Sanremo, finché durerà, resta una colossale occasione per sghignazzare in compagnia di fronte alla televisione.

Caleidoscopio 23 febbraio

Naïf a CaterpillarEccomi a presentare - e vi assicuro che il ritmo settimanale è impegnativo - l'appuntamento con il prossimo "Caleidoscopio", sempre martedì  su "Radio1" alle 12.35  nella programmazione radiofonica di "RaiVdA".
La prima intervista è con Didier Bourg, uno dei gestori del sito uvparis.org, che ci racconta, anche attraverso il suo caso personale, l'evoluzione dell'émigration Valdôtaine.
Con Enrico Borghi, presidente dell'Uncem, l'organizzazione delle Comunità montane, facciamo il punto sui destini, assai complessi, dei territori montani.
Naïf, alias Christine Hérin, la giovane cantante valdostana che ascoltate in radio su "RaiVdA" il sabato, a "Caleidoscopio" racconta della sua carriera e delle sue speranze. 
"Blantsin, la marmotte blanche" di Joseph-César Perrin, edizioni "Le Château": questo il libro che verrà recensito da Christian Diémoz.
Vi aspetto sulle frequenze di "Radio1".

I "sanateur" di Valérie

Le caramelle senateurQuando mi è capitato di visitare un Paese che non conoscevo, non ho mai mancato di visitare i negozi di alimentari (oggi in generale i reparti dei supermercati) e, dove c'erano, i mercati all'aperto o al chiuso.
I miei riferimenti erano quel che conoscevo: a Verrès il minuscolo negozietto "generalista" di fronte alle elementari (oggi è un garage!), il negozio di caramelle di Valérie (che meraviglia quei "sanateur"...) e il primo Vegè del paese e, ad Imperia, città della mamma, i banchi e i venditori dell'immobile del mercato e il trionfo di frutta e verdura all'ingrosso. E poi, nel crescendo dei viaggi e dei soggiorni lunghi o brevi, si sono sommati odori, profumi, gusti, sapori, colori, scatole, confezioni.
Il mondo degli ipermercati di oggi è impressionante, come se fosse un'astronave rispetto al triciclo della mia infanzia.
Eppure il mondo reale - non c'è niente da fare - lo si vede lì e il gigantismo attuale è il segno dei tempi così come quel brassage di un crescente glocal, dove il prodotto locale (che piace ai fan dei chilometri zero) si affianca a prodotti del mondo che irrompono a casa nostra in questo global inarrestabile.

P.S.: giustamente mi segnalano che le caramelle si chiamavano "senateur", perché nate in onore di Cavour, ma noi da bambini storpiavamo il nome e dunque "sanateur" è una... licenza poetica in ossequio alla memoria.

Il dramma del Tibet

Il Dalai Lama con Barack ObamaIl Tibet è un Paese occupato dai cinesi che stanno lavorando da anni per realizzare un'assimilazione culturale attraverso uno sradicamento dei caratteri originali di questo popolo di montagna. Questa politica prosegue da decenni e purtroppo sta ottenendo i suoi risultati.
Ecco perché il valore simbolico dell'incontro alla Casa Bianca fra Barack Obama ed il Dalai Lama, capo spirituale dei tibetani e figura di riferimento per la difesa dei diritti del suo popolo, fa arrabbiare i cinesi, che hanno a che fare con il pugno di ferro con diverse minoranze nazionali nel loro vastissimo Stato.
Ho incontrato, in un riunione a Montecitorio tanti anni fa, il Dalai Lama, che aveva parlato ai deputati italiani delle vicende travagliate e dolorose del suo popolo. Ho poi seguito la sua vita e il suo lavoro con un senso di crescente pessimismo, perché più la Cina cresce e si afferma sul piano mondiale e più il caso tibetano rischia di restare irrisolto. Le recente sanguinose repressioni sono la dimostrazione di una scelta diversa dal dialogo.
E pensare che, basta leggere i suoi scritti, oggi lo stesso Dalai Lama immagina un regime autonomistico, sapendo che l'indipendenza è allo stato delle cose un'utopia. Su questo le Nazioni Unite dovrebbero spendersi, se questa grande organizzazione non fosse ormai un fantoccio immobilizzato da veti e controveti.

Fuoco

Il fuoco nel caminettoIl fuoco di un camino o il calore di una stufa a legna rievocano in tutti dei ricordi personali, in genere intimi, familiari. Sapendo poi che c'è qualcosa di atavico che è impresso dentro di noi, essendo stato l'addomesticamento del fuoco una grande rivoluzione per l'umanità.  
Negli anni Cinquanta, con l'avvento del riscaldamento centralizzato e dunque con l'ingenuo associare di camino e stufa ad un simbolo del passato (e povertà) rispetto alla modernità, il legno era arretrato, finendo per un certo periodo nell'elenco dei disvalori.
Oggi camini e stufe sono di nuovo in auge e non solo nelle case di montagna e fanno tendenza e design e in più occhieggiano al risparmio energetico (il pellet spopola), mentre gli impianti maggiori, definiti a biomassa - che bruciano i derivati del legno - funzionano bene anche in Valle.
E' divertente pensare a come certe tecnologie salgano e scendano, si aggiornino e mutino.

Petrolio...

Uno scorcio elveticoSono ormai anni che tra scatti d'orgoglio (in nome del diritto) e brutte figure (pensando agli interessi) la Svizzera "combatte" una guerra diplomatica con Gheddafi e dunque con la Libia. Tutto parte dall'arresto di un figlio del colonnello libico che aveva picchiato dei domestici e Gheddafi aveva di conseguenza proposto lo smembramento della Confederazione a vantaggio dei Paesi vicini secondo un criterio linguistico. Ora, dopo batti e ribatti, la Svizzera prepara una lista di indesiderati libici che automaticamente finiscono nel sistema della Convenzione di Schengen, cui gli elvetici hanno aderito - e lo possiamo apprezzare al Gran San Bernardo - e che permette ai cittadini comunitari o aderenti all'accordo una mobilità senza il controllo dei documenti alle frontiere.
La ritorsione libica colpisce a questo punto non solo gli odiati svizzeri ma tutti gli europei!
L'Italia conferma in questa circostanza una linea favorevole alla Libia a spiega come ci si comporta di fronte ad un'amicizia pelosa. Strano intrigo il diritto internazionale che ha reso digeribile un dittatore iroso e vendicativo, seguendo una realpolitik che puzza di petrolio.

In alto i calici!

Avventori in una crotta durante la veillà della Fiera di Sant'OrsoPrima la grande kermesse della "Fiera di Sant'Orso" e poi la diffusa socialità del Carnevale: entrambe le occasioni sono risultate utili, avendo ospiti esterni alla Valle, per poter misurare il successo ormai stabile della viticoltura valdostana.
Infatti la qualità si è stabilizzata e alcuni viticoltori "osano" con prodotti d'eccellenza e ampliando la gamma delle loro proposte. Per cui oggi ce n'è davvero per tutti i gusti e tutte le tasche anche se il mercato - invaso ormai da vini a basso costo da tutto il mondo - va mantenuto proprio esaltando le caratteristiche di legame del nostro vino con il suo territorio.
Quella viticoltura di montagna che in passato avevo presentato anche al Parlamento europeo con colleghi di tutti i Paesi, che furono incuriositi da questo nostro prodotto di nicchia, di cui possiamo essere fieri, pensando a quel passato non tanto remoto in cui ordinare un vino valdostano al ristorante era evento raro per evitare azzardi.
Oggi, di fronte alla carta dei vini, possiamo giocare a fare i conoscitori, corrispondendo ad ogni vino un'azienda e una storia.

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