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23 mar 2021

Rabbia e delusione

di Luciano Caveri

Che bella lotteria dei colori! Resterà nella nostra vivida memoria questo tempo così stralunato, in cui - come capitava da bambini - si colorano le Regioni d'Italia. Ho letto con attenzione la sentenza, in verità esempio di preclaro centralismo, con cui è stata bocciata dalla Corte Costituzionale la legge regionale con cui la Valle d'Aosta cercava di ritagliarsi spazi di maggior libertà, senza strafare. Invece la Consulta ha usato la falce per tagliare tutto e lo ha fatto senza scrupolo alcuno: lo Stato è l'unico reale dominus della pandemia. La leale cooperazione risulterebbe, anche con quello strumento sbagliato che sono stati i "Dpcm", dal fatto che i presidenti di Regione sono stati informati. Circostanza per altro molto spesso non vera e ciò dimostra la virata antiregionalista dei giudici costituzionali, che hanno scelto che la Repubblica sia solo lo Stato, in spregio alla democrazia locale ed ai territori con le loro differenze. Altro che Repubblica!

Così a colorare l'Italia resta Roma e, solo per fare un esempio, la piccola Valle d'Aosta sino a quest'oggi - chissà a che ora - non saprà se saremo "arancioni" o "rossi". E rossi, oggi, significherebbe il peggio per la Scuola: chiuse le materne, tutti gli altri a didattica a distanza. Un orrore, un errore: scegliete voi quale delle due parole adoperare. E pensare che gli screening svolti nelle nostre scuole hanno mostrato livelli bassi di positività ed una capacità di reazione dei sistemi di controllo e messa in sicurezza. Ma lo Stato, padre padrone, vigila su di noi politici regionali, dopo aver dato prova - pensiamo all'approvvigionamento dei vaccini - pessima del supposto centralismo efficace. Ma questa è l'aria che tira: la pandemia corrisponde ad una sorta di deriva democratica, gestita da scienziati spesso infoiati e politici di basso rango con in particolare quel Roberto Speranza che è rimasto ad occuparsi di sanità, laddove invece ci voleva qualcuno con un curriculum di peso e non il leader di un partitino. Resto, per quel che mi riguarda, un uomo delle Istituzioni. Lo sono sempre stato. Ma questo non significa venir meno al diritto di critica e questo disprezzo per il regionalismo appare pericoloso e sospetto. Dietro si cela un disegno evidente, che non tiene conto che chi ha tenuto in questa fase sono proprio i "politici di prossimità" su cui quotidianamente si riversano dolori, paure e angosce di chi è entrato, dunque quasi tutti, nel tritacarne economico e morale della pandemia. Il virus, e le malattie che crea in modo subdolo e feroce, non può essere il mezzo adoperato per cambiare certe regole democratiche ed il decisionismo statale appare lontano, remoto e spesso sciocco, ma nessuno paga mai sbagli e ingenuità. Il cittadino cerca il sindaco, il presidente, l'assessore, l'eletto vicino a lui anche quando le colpe sono di chi decide dall'alto, senza sensibilità e conoscenza delle profonde differenze esistenti da zona a zona, il "capro espiatorio" è chi rappresenta nel basso le istituzioni. E' molto pesante questa situazione di vedere poteri e competenze che vengono asfaltate senza alcuna reale concertazione e questo avveniva con i Governi Conte e torna inaspettatamente con Mario Draghi, che pure ha cambiato alcune pedine della disastrosa gestione del Governo precedente e sicuramente ci mette il cuore, ma appare ancora timido e lento nelle scelte. Pensiamo ai ristori che dovrebbero essere compresi a fondo solo in queste ore nella loro reale portata. Anche in questo caso le interlocuzioni con le Regioni avvengono a scelte fatte con discussioni fittizie su testi non più modificabili, giunti pure in grave ritardo rispetto alle emergenze incombenti. Smetto qui, pieno di rabbia e delusione, sperando ancora che ci possa essere qualche ravvedimento, capendo che solo una rete politica solidale centro-periferia può farci uscire dalla crisi senza traumi irreversibili e evitando che questo stato di emergenza ci tolga energie e speranze. Voltare pagina urge, perché ad approfittarsi del caos e delle difficoltà sarà sempre lui, il virus.