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18 dic 2022

La gioia dello sci

di Luciano Caveri

“Ma tu vai ancora a sciare?”. La domanda spunta come una sciabolata. Come dire: sei ormai âgé e chi te lo fa fare? Mi spiace, ma dopo la pausa forzata dalla pandemia cui si aggiunse l’inverno scorso la neve scarsa, sono pronto per la stagione dello sci. Il mio punto di riferimento sono le marmotte, che ho visto con i miei occhi scivolare su lembi di nevaio, dimostrazione che l’ebbrezza da scivolamento non è solo umana. Di recente a Rovaniemi in Finlandia ho visitato il Museo Arktikum, dove in una sala su usi e costumi dei popoli del Grande Nord figurano gli antesignani degli sci, persino visibili in stilizzate figurine rupestri con attrezzi nei piedi. C’è chi ha scritto che questi attrezzi sarebbero persino il più antico mezzo di locomozione inventato dall’uomo, prima ancora della ruota. Alcuni ritrovamenti fossili datano i primi strumenti di questo tipo addirittura al 2500 a.C. Gli inventori dello sci furono probabilmente i lapponi ma anche nel IV secolo a.C. si parla di popoli dell’Asia minore che utilizzavano “scarpe di legno” per spostarsi sulla neve. Immagino che anche le nostre popolazioni alpine di fossero ingegnati per non sprofondare nella neve con “ciaspole” artigianali, ma scivolare è altra cosa! Da noi gli sci arrivarono a inizio Novecento e la modellistica, ripresa anche in Svizzera qualche anno prima, era quella proprio giunta proprio dalla Lapponia. Agli esordi (e ne vediamo ancora paia Poll appesi ai muri in certi ristorante in quota) lo sci era interamente in legno, con gli scarponi di cuoio legati tramite rudimentali attacchi realizzati con srtinghe e lacci di cuoio. La nascita degli sci moderni con lamine in metallo ho letto essere attribuita ad un pilota di idrovolante di nome Head (proprio il fondatore dell’omonima casa produttrice), che si dice che avesse dimenticato gli sci a casa e avesse di conseguenza adattati i pattini del suo aereo con soddisfacenti risultati. Attenzione alla bufala! In realtà l’ingegnere aeronautico americano Howard Head, perplesso rispetto all'utilizzo del legno in un'epoca che aveva già sviluppato materiali molto più avanzati, volle utilizzare l'alluminio basandosi sulla sua esperienza professionale. Di certi scampoli ancora legati al pionierismo sono stato testimone. Ho dei ”super8" girati da mio papà in cui mi si vede in discesa traballanti in favore di cinepresa con sci in legno e attacchi a molla con annessi bastoncini preistorici, vestito da montagna rustici con giacche a vento tipo esercito e maglioni fatti ai ferri, pesanti scarponi di cuoio con legacci. La battitura piste dei miei esordi non annoverava gatti delle nevi e veniva fatta da addetti sci ai piedi e si creavano gobbe insidiose per via dei ripetuti passaggi, altro che la fresatura che crea oggi ospitali piste lisce. Gli impianti a fune, anzitutto "skilift", poi seggiovie a un solo posto, ovetti a due posti e rare funivie, erano spartani e con tecnologie rumorose e senza fronzoli. I maestri di sci erano persone semplici e sbrigative e da bambino qualche racchettata sul sedere l'ho presa, se facevo i capricci. Da ragazzo lo sci era con i compagni di classe, con la scuola o con il CAI, con acquisti furtivi di mignon di liquori e la speranza di un bacio in pullman con la propria fiamma. Poi, quando affittavamo la casa in montagna, si formavano le allegre compagnie mosto fra villeggianti e noi autoctoni, con uno sciare per bande in lunghe processioni lungo le piste, tipo tribù nomade. Se penso alla joie de vivre questa ne era un'espressione genuina, perché sciare con gli amici voleva dire affrontare piccole avventure assieme, fare prove di coraggio dai salto al fuoripista, ricopiare le serpentine dei più virtuosi, fare gruppo dalla polenta concia alle prime bevute come prova del fuoco. Oggi - evoluzione della specie - esiste pure la prova del palloncino sulle piste e se il tasso alcolico è contro la legge è prevista la multa. Mi sfugge cosa si faccia dell’ubriaco certificato: si sequestrano gli sci, lo si inibisce per un certo periodo dal frequentare le piste, come lo si riaccompagna a valle?
Poi di impianti a fune mi sono occupato professionalmente (e sempre gratis), cogliendo nei piccoli impianti di cui mi occupai a Brusson con un’alfabetizzazione al tema sul campo. Ho poi bazzicato nelle istanze nazionali ed internazionali di categoria, constatando dal vivo come l'evoluzione dello sci e dell'impiantistica sia stata una delle progressioni più rapide. Si va dall'attrezzatura personale sempre più tecnica ai sistemi digitali di bigliettazione, da impianti con tecnologie sempre più avanzate a scuole di sci sempre più ospitali, da tecniche di sci in evoluzione a abitudini degli usi e costumi dello sciatore diverse dal passato. Un esempio lampante è il venir meno di un certo bon ton sulle piste: il "kannibale" era un tempo messo alla gogna, oggi ce ne sono molti e minacciosi e tocca sempre guardarsi alle spalle. Tant'è che molti si danno - e la pandemia ci ha messo lo zampino - allo scialpinismo non solo per una scelta esclusivamente sportiva, ma per fuggire dalla pazza folla dei momenti di punta. Sciare è sciare: credo che questo sport in fondo così recente - ho delle belle foto anni Trenta di Pila con mia papà ed i suoi fratelli "pionieri" dello sci - consenta di divertirsi all’aria aperta in mezzo a paesaggi meravigliosi. Per questo ho sci e scarponi affittati (così ormai si fa) nuovi di trinca e sono pronto!