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24 feb 2023

Un anno dall’aggressione all’Ucraina

di Luciano Caveri

Un anno fa, la Guerra. Brutta parola, la cui etimologia si ricollega all'antico tedesco werra che esprime l'idea della mischia, del groviglio, della scontro disordinato in cui si avviluppano i combattenti in un vero e proprio "macello" (la stessa radice si trova nell'inglese war). Scriveva nel dopoguerra Piero Calamamdrei: ”Chi è che semina le guerre? Se tra uno o tra dieci anni una nuova guerra mondiale scoppierà, dove troveremo il responsabile? Nell'ultima guerra la identificazione parve facile: bastò il gesto di due folli che avevano in mano le leve dell'ordigno infernale, per decretare il sacrificio dei popoli innocenti. Ma oggi quelle dittature sono cadute: oggi le sorti della guerra e della pace sono rimesse al popolo. Questo vuol dire, infatti, democrazia: rendere ogni cittadino, anche il più umile, corresponsabile della guerra e della pace del mondo: toglier di mano queste fatali leve ai dittatori paranoici che mandano gli umili a morire, e lasciare agli umili, a coloro ai quali nelle guerre era riservato finora l'ufficio di morire, la scelta tra la morte e la vita.
Ma ecco, si vede con terrore che, anche cadute le dittature, nuove guerre si preparano, nuove armi si affilano, nuovi schieramenti si formano. Chi è il responsabile di questi preparativi? Si dice che gli uomini, che oggi sono al potere, sono stati scelti dal voto degli elettori: si deve dunque concludere che le anonime folle degli elettori sono anch'esse per le nuove carneficine?
Questa è oggi la terribile verità. La salvezza è solo nelle nostre mani; ma ognuno di noi, se la nuova guerra verrà, sarà colpevole per non averla impedita. [...]
Se domani la guerra verrà, ciascuno di noi l'avrà preparata. Non potremo nascondere la nostra innocenza dietro l'ombra dei dittatori: quando c'è la libertà, tutti sono responsabili, nessuno è innocente”. La tradizionale definizione di guerra così recita: lotta armata fra stati o coalizioni, per la risoluzione di una controversia internazionale appare scarsamente adatta all’aggressione russa dell’Ucraina, giusto un anno fa. Doveva essere nelle intenzioni di quel matto di Vladimir Putin un’azione di riconquista con un vero e proprio bliz. Termine che in tedesco - ricorda Treccani - significa «lampo», ma diffuso nel linguaggio giornalistico internazionale, e quindi anche in Italia, dagli Stati Uniti, come abbreviazione di Blitzkrieg per indicare un’operazione militare eseguite con estrema rapidità e precisione, o un audace colpo di mano fulmineo e risolutivo, con significato quindi corrispondente all’italiano operazione-lampo. Invece i russi si sono trovati di fronte a ucraini risulti nel resistere e la guerra è diventata di logoramento e, malgrado la propaganda di Mosca che parla di una guerra resa indispensabile contro i neonazisti ucraini (sic!), una sconfitta per gli aggressori che non sono riusciti a sfondare, come avevano previsto di fare in quattro e quattro otto. L’Occidente, fatta eccezione per i filorussi e estremisti vari, ha scelto di aiutare l’Ucraina e lo ha fatto sia per bloccare le logiche di espansionismo russo con fare imperialista, sognando una nuova Unione Sovietica sia per la ferocia dei russi, soldati regolari e mercenari, che si sono resi protagonisti di atti di violenza sui civili - autentici crimini di guerra - su cui indaga lo stesso Tribunale dell’Aja. Condivido totalmente l’impegno assunto per fermare Putin, la cui deriva psichiatrica è evidente dalle cose che dice. Si tratta non solo di agire militarmente, con buona pace di quegli stessi pacifisti che con i loro ragionamenti del passato aiutarono Hitler a conquistare l’Europa, ma di isolare la Russia per avere un tavolo di pace credibile e non utopistico. Nella speranza che il dittatore venga abbattuto dai russi stessi, che oggi sono isolati da tutto il mondo civile. La democrazia nel mondo sta declinando e questo il grande Calamandrei non poteva prevederlo. La situazione la racconta un articolo de La Voce, di cui pubblico due stralci: ”L’Economist ha recentemente pubblicato il Democracy Index 2021, che misura il livello di democrazia di 167 paesi. Già l’anno scorso, il rapporto 2020 era stato presentato con un laconico “La democrazia nel mondo ha avuto un brutto anno”, con una riduzione consistente a livello globale soprattutto a causa delle situazioni emergenziali dovute alla pandemia. Nel 2021, l’indice ha raggiunto un nuovo minimo storico. La pandemia, accompagnata da misure restrittive e dal ricorso, in molti casi, ad un approccio tecnocratico, ha certamente accelerato il trend, ma il livello di democrazia nel mondo, secondo questa rilevazione, è in calo da molti anni. Dopo una riduzione legata alla Grande Recessione, l’indice aveva ripreso a crescere In generale, negli ultimi due decenni lo stato della democrazia del mondo non è migliorato. Dal 2006, 108 delle 167 nazioni prese in esame dall’indice hanno peggiorato, o comunque non migliorato, il proprio punteggio e nessuna delle macro regioni considerate ha visto il proprio punteggio medio aumentare. Nel 2021, l’indice è calato di 0,09 punti su scala globale (in una scala da 1 a 10). Complici del calo sono state le misure straordinarie imposte dalla pandemia, che hanno permesso di accentrare il potere con la scusa dell’emergenza. Tra i fattori fondamentali troviamo anche l’intensa presenza di cambi di regime repentini e colpi di stato, da quello in Myanmar fino al ritorno dei talebani in Afghanistan. Più della metà della popolazione mondiale vive oggi sotto un regime non democratico, con oltre un terzo dei paesi che si trova in veri e propri regimi autoritari”. Putin va fermato per non incrementare - come vorrebbe - i Paesi sotto il suo giogo liberticida.