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08 giu 2009

Non ci sono più le veline di una volta...

di Luciano Caveri

Quando ero ragazzo se dicevi "velina" ti soccorrevano gli studi di storia: durante il fascismo, dal Ministero della Stampa e della Propaganda (Minculpop) arrivavano ai quotidiani le famose "veline". Si trattava di note di servizio su carta velina rosata, giallina o bianca che ordinavano ai giornali che cosa pubblicare e cosa che era invece proibito. Ecco qualche esempio: 1/7/35: "Si fa assoluto divieto di pubblicare fotografie di carattere sentimentale e commovente di soldati in partenza, che salutano i loro cari". 4/1/36: "Non pubblicare fotografie sul genere di quella pubblicata questa mattina dal "Messaggero", che dimostrino intimità dei nostri soldati con abissini. (…) Si dia l’impressione di benevolenza da parte dei nostri soldati verso gli indigeni ma non di cordialità, di protezione ma non di affetto". 26/8/36: "Non pubblicare fotografie in cui il Duce è riprodotto insieme ai frati, fotografie fatte oggi durante la visita al Santuario di Montevergine". Oggi, invece, la velina crea diverse aspettative: dall'inizio degli anni '90, con "Striscia la notizia", si affermò la "bonazza" che portava - con gran esibizione del suo fisico - la "velina" ai conduttori, diventando lei stessa "velina". Oggi la "velina" storica ha perso il suo significato e si è affermata la "velina" in carne ed ossa, che poi - visti i chiari di luna - potrebbe pure avere talvolta ripercussioni politiche.