Sono anni che seguo, compatibilmente con le mie nozioni scientifiche, il dibattito sull'evoluzione del clima, pensando alle sue conseguenze per la Valle e per le future generazioni che l'abiteranno, in parte tracciate nell'unico studio organico che commissionai anni fa. Mi pongo da allora in una posizione mediana fra i catastrofisti e gli indifferenti (come il paradossale documento negazionista - cioè "fa più caldo per cause naturali, l'umanità non c'entra un piffero" - votato, mesi fa, dal Senato). Il riscaldamento del pianeta, qualunque possa essere appunto la percentuale di responsabilità umana nel fenomeno, è un tema mondiale, anche se l'impressione è che la politica lo affronti prendendosela comoda. Certo lo scenario di una Valle d'Aosta senza più ghiacciai, nel giro di pochi decenni, fa impressione e basta vedere le temperature (o più semplicemente le vendemmie anticipate) per verificare come le modificazioni siano palpabili e eventuali inverni nevosi - speriamo che il prossimo lo sia - non paiono contraddire lo scenario. A fine anno, nel Summit sul clima a Copenhagen, si dovrebbero assumere decisioni importanti, ma le premesse sono deludenti.