Quando mi è capitato di visitare un Paese che non conoscevo, non ho mai mancato di visitare i negozi di alimentari (oggi in generale i reparti dei supermercati) e, dove c'erano, i mercati all'aperto o al chiuso. I miei riferimenti erano quel che conoscevo: a Verrès il minuscolo negozietto "generalista" di fronte alle elementari (oggi è un garage!), il negozio di caramelle di Valérie (che meraviglia quei "sanateur"...) e il primo Vegè del paese e, ad Imperia, città della mamma, i banchi e i venditori dell'immobile del mercato e il trionfo di frutta e verdura all'ingrosso. E poi, nel crescendo dei viaggi e dei soggiorni lunghi o brevi, si sono sommati odori, profumi, gusti, sapori, colori, scatole, confezioni. Il mondo degli ipermercati di oggi è impressionante, come se fosse un'astronave rispetto al triciclo della mia infanzia. Eppure il mondo reale - non c'è niente da fare - lo si vede lì e il gigantismo attuale è il segno dei tempi così come quel brassage di un crescente glocal, dove il prodotto locale (che piace ai fan dei chilometri zero) si affianca a prodotti del mondo che irrompono a casa nostra in questo global inarrestabile.
P.S.: giustamente mi segnalano che le caramelle si chiamavano "senateur", perché nate in onore di Cavour, ma noi da bambini storpiavamo il nome e dunque "sanateur" è una... licenza poetica in ossequio alla memoria.