Avevo sei mesi quando mi hanno portato al mare per la prima volta e da allora, per molte estati, ho passato lunghi soggiorni ad Imperia, dov'è nata mia mamma. Per me bambino, ragazzo e poi giovane, è stato come un mondo parallelo rispetto alla Valle. Lo era per me e per la banda di cugini - eravamo cinque, tutti maschi, nella casa dei nonni - che coprivano un decennio di diverse età. Se chiudo gli occhi rivivo i giochi, sento gli odori, ritornano i visi, le voci: un insieme infinito di ricordi che annullano la barriera del tempo (con Kahlil Gibran "il ricordo è un modo d'incontrarsi") e fanno tornare (incontrare, appunto) anche chi non c'è più. Come mi è capitato tante altre volte, è nel confronto con l'esterno, specie come quando finì per esserlo nell'Imperiese nelle conoscenza profonda dalle spiagge fino all'entroterra montuoso e nell'incontro - pieno di amicizie - con la mentalità dei liguri del Ponente, che si rafforza la coscienza della propria identità. L'altro ti fa capire chi sei più di quanto tu lo sappia in assenza di un confronto.