Giorgio Napolitano ha tratti e modi, detto in senso nobile, aristocratici. Per questo forse per anni è circolata la notizia fasulla che il suo vero padre fosse addirittura Umberto di Savoia, l'ultimo re d'Italia. Ho lavorato con Napolitano alla Camera e al Parlamento europeo e sono onorato dalla sua amicizia. E' un uomo deciso e corretto che mira al sodo con un pragmatismo che gli deriva dalla lunga militanza comunista e da una cultura europeista e cosmopolita. Quando oggi si usa "comunista" in senso dispregiativo, ciò fotografa il fallimento nel concreto di un'idea che si è incarnata in regimi totalitari, le cui utopie e speranze hanno tuttavia alimentato generazioni di giovani e di questo bisogna avere buona memoria per onestà intellettuale. Era una storia di rigore e di disciplina, che prevedeva studio e applicazione e, anche per questo, Napolitano è un uomo colto e preparato, rispettoso delle istituzioni. Le sue arrabbiature, da come lo ricordo, sono fatte - a dispetto delle origini partenopee - di gelo anglosassone e di ironia tagliente. Questa volta, invece, l'ottimo Presidente della Repubblica si è arrabbiato davvero per le continue polemiche sui suoi comportamenti. Già in passato, sia con la destra sia con la sinistra, aveva rivendicato gli spazi di libertà del Capo dello Stato, ma questa volta è sbottato per i continui processi alle intenzioni di una parte del PdL, che vorrebbe stringere all'angolo il Quirinale e in caso di crisi imporre di andare al voto senza la soluzione alternativa di un "Governo di transizione" per rifare l'orrida legge elettorale in vigore. Rispondendo a certe critiche di violazione della Costituzione, lui, conoscitore del diritto costituzionale, ha rinviato al mittente le accuse in punta di Costituzione e c'è da augurarsi che ora certa canea taccia per rispetto e per dovere.