Fra le letture estive, fatte prevalentemente di saggistica per approfondire argomenti o di romanzi "avventurosi" di vari autori per distrarmi, emerge il curioso caso editoriale di Antonio Pennacchi (conoscevo il fratello Gianni, giornalista morto da poco), vincitore del "Premio Strega" per pochi voti con il suo "Canale Mussolini". Si tratta di un libro che racconta la storia di una famiglia emigrata in epoca fascista dal Veneto durante l'avventurosa bonifica delle Paludi Pontine: una saga familiare che incrocia la "grande storia", su cui l'autore non disdegna di esprimere le proprie idee, raccontando di questi fratelli Peruzzi che seguono, da fascisti, tutta la parabola del fascismo. Pennacchi, che dall'estrema destra approdò all'estrema sinistra, racconta in prima persona un intrico di storie che rendono il libro avvincente e minuzioso. Sulla tesi di fondo, nella sostanza un fascismo di sinistra, secondo la bizzarra parabola del Duce, che viene travolto da un indurimento progressivo del regime e dall'abbraccio mortale con il nazismo, non sono d'accordo, perché finisce per essere fuorviante e consolatoria. Tuttavia è un romanzo e come tale, specie nella capacità di offrire una prospettiva diversa e di scolpire con intelligenza ritratti di varia umanità, merita interesse e garantisce un forte coinvolgimento. Sarebbe ridicolo, come qualcuno ha fatto, dire che il libro, edito "Mondadori" (dunque Berlusconi, polemica "calda" sul solito conflitto d'interessi), serve a dare un tocco "sociale" alla destra attuale. Oltretutto, ricorrendo ogni tanto a pennellate di attualità, Pennacchi profetizza che come nel dopoguerra nessuno riconobbe di essere stato fascista, dopo Berlusconi nessuno ricorderà di esser stato berlusconiano...