Ieri, rientrando in aereo da Bruxelles, pensavo alla nebbia e a quanto in passato fosse un problema per chi viaggiava, prima che i cambiamenti climatici ne riducessero di gran lunga la presenza. Ricordo, ad esempio, quando da poco tempo avevo la patente - sarà stato il 1977 - e mi ritrovai a Torino in un banco così fitto da costringermi a salire su di un marciapiede in attesa che in qualche maniera quel muro invalicabile svaporasse. Spesso sull'autostrada "Aosta - Torino" il limite era davvero il forte di Bard, dove vedevi apparire, scendendo verso la pianura, quella bruma che segnava un passaggio fisico fra noi e la nebbia che ti attendeva poco dopo. Ma il vero incubo, tra gli anni Ottanta e Novanta, quando ero un "forzato" del pendolarismo su Roma con l'aereo, era il domino della chiusura degli aeroporti del Nord: ricordo una volta in cui, chiusi la destinazione "Caselle", "Levaldigi" (Cuneo era utile perché lo scalo più vicino), "Malpensa" e "Linate" per nebbia e chiuso Genova per vento, mi ritrovai su di un aereo in volo, in attesa di una destinazione in un crescendo d'apprensione, che ci portò alla fine a Nizza con simpatico trasferimento in pullman su Torino... Devo averla chiamata, la nebbia, e così stamattina - "rara avis" nei nostri cieli - me la sono ritrovata sull'autostrada da Saint-Vincent ad Aosta con una presenza svolazzante anche sulla città di Aosta.