Immagino quanto siano rimasti attoniti gli "ispettori" dell'Unione europea scesi a Napoli per capire a che punto fosse la solita "emergenza rifiuti", che da straordinaria è diventata ordinaria. Questa storia dei rifiuti a chi, come il sottoscritto, si trova a discutere con le altre delegazioni nazionali nel "Comitato delle Regioni" - che della futura politica politica comunitaria per i rifiuti ha molto discusso - è rimproverata spesso e diventa scultorea dimostrazione dell'Italia e della sua capacità di trasformare in affari complicati quel che in altri Paesi è la normalità. D'altra parte le feroci polemiche di questi giorni, compresa la solita manfrina della tentata esportazione nelle altre Regioni dei rifiuti campani, dimostrano una cosa ben nota del "caso Italia": attorno al business dei rifiuti, come degli avvoltoi, volteggiano la criminalità organizzata e i corruttori del pubblico per tutta la filiera di un affare colossale. In più il tema si è fatto in Italia profondamente ideologico e ognuno pare avere ricette giuste e definitive. In Valle, alla fine in linea con il passato dopo un cambio d'idea a inizia legislatura, si è scelta la termovalorizzazione non con un bruciatore di quelli diffusi in tutto il mondo ma con l'utilizzo di una tecnologia più di nicchia, la "pirolisi". Se ho ben capito in Europa gli impianti meglio funzionanti di questo tipo sono in Norvegia, dove - così mi è stato raccontato - si spingono anche in situazioni estreme, tipo "basta con la differenziata e ficchiamo tutto nell'impianto". Scelta che, dal punto di vista legislativo, può essere fatta solo dai norvegesi che ovviamente non essendo nell'Unione europea possono "bypassare" le normative comunitaria, anche se questa scelta finisce per essere illogica perché la filosofia della differenziata ha ragioni profonde di riciclo di determinati materiali (ma direi anche, più in profondità, di comprensione delle differenze fra i rifiuti) e non solo di preparazione all'eventuale combustione.