La legge italiana sui trapianti di organi del 1999 è stata il frutto di un lungo lavoro e basta leggere le discussioni nel complesso iter parlamentare per capire quanto mi fossi appassionato a questo tema, diventando una "bestia nera" per gli oppositori. Si tratta di una delle mie grandi soddisfazioni, essendo all'epoca diventato un "esperto" di una materia difficile da trattare sul piano giuridico e legata in più ad uno sviluppo incredibile della scienza medica, che ha fatto dei trapianti (e dunque della donazione) un caposaldo in continua evoluzione, pensando anche alle nuove e incredibili frontiere delle biotecnologie. Anche al Parlamento europeo mi occupai del tema, segnalando come una cattiva organizzazione nei Paesi occidentali poteva spingere i malati in lista d'attesa verso i Paesi del Terzo mondo dove trovare un organo a pagamento - penso ad un rene - era agevole. Confesso, però, di non aver colto allora a pieno la terribile portata criminale del "mercato" degli organi: certe vicende mi hanno fatto cambiare idea e recenti rivelazione sull'uso dei prigionieri in Kossovo, di cui si parla molto in questi giorni, sono solo un esempio di un'attività fiorente che obbliga le autorità internazionali ad occuparsi di più del tema. Siamo di fronte ad un museo degli orrori, fatto di intrecci fra criminalità organizzata e medici compiacenti, che si basa sulla disperazione di chi, senza un organo, è destinato a morire e diventa cinico e complice di un traffico di organi insanguinato.