Ho a casa delle belle foto di famiglia dello sci alpino a Pila negli anni Trenta, che offrono l'immagine di un'attività ancora d'élite. Nel trentennio successivo lo sci si affermerà, conclusa l'epoca pionieristica, come uno sport in grande espansione, autentico fenomeno sociale di massa, che modificherà profondamente l'alta montagna e nel trentennio ancora successivo, di cui sono stato buon testimone, il sistema turistico nel suo insieme si è stabilizzato con le stazioni attuali con la sua scia di trasformazioni. Se potessimo tornare indietro di cento anni - e lo scrivo per percepire la velocità e la vastità dei cambiamenti avvenuti - troveremmo ancora nelle valli turistiche di oggi un mondo rurale e contadino che conviveva con la neve, considerandola null'altro che un accidente stagionale da cui guardarsi per i rischi incombenti delle valanghe. I ritmi di quella vita sono stati stravolti nel giro di poche generazioni e oggi l'alta montagna non ha nulla a che fare con i silenzi, la solitudine, gli spazi lasciati alla natura e il montanaro di allora non c'è più. Non c'è in questa constatazione nulla di nostalgico e nessun rimpianto, perché quella era vita grama, ma l'importanza di come e perché tutto sia cambiato talvolta non riusciamo a trasferirla ai nostri ragazzi, che perdono pezzi di storia fondamentali per la nostra comunità per capire dove sono, sapendo da dove vengono.