Di Annibale Barca, originario di quella Cartagine che si trova nell'attuale Tunisia, sappiamo che cosa ci è stato raccontato dagli storici romani, come Polibio e Tito Livio, perché la storia la scrivono sempre i vincitori. Di lui, che ho maledetto all'epoca delle versioni di latino nei testi che lo riguardavano, si parla sempre con grande rispetto e ammirazione sia perché un nemico sconfitto può essere esaltato, sia perché Annibale doveva essere davvero una personalità straordinaria. Momento culminante della sua carriera, visto da noi abitanti delle Alpi ma credo che la vicenda immaginifica la si insegni in tutto il mondo, è il famoso passaggio con truppe ed elefanti - i carrii armati dell'epoca! - avvenuto nel 218 avanti Cristo (esiste persino un sito Internet). Certo, l'itinerario preciso di accesso e il colle alpino esatto di passaggio restano una disputa fra storici, ma è bene dire che mai è stato ritrovato uno scheletro di un elefante o qualche oggetto che dia una qualche certezza. Comunque sia, affrontando la sfida, pare che Annibale abbia sostenuto: «Noi troveremo una strada, oppure ne apriremo una nuova». Trovo che la frase, anche se fosse stata inventata per romanzare il personaggio, abbia una sua forza ed è buona per tutti gli usi. Rimane interessante l'idea che, in caso di mancanza di strade già esistenti o se la strada percorribile risultasse pericolosa, sia necessario cercare "nuove" strade, anche se può essere scomodo o rischioso. Un ottimo viatico anche in politica.