La sparizione della festività civile - in soldoni il "giorno di vacanza" - connessa alla festività religiosa dei patroni, santi protettori di ciascun Comune italiano è, in molti casi, un vero e proprio attacco alle tradizioni. «Scherza coi fanti ma lascia stare i santi», verrebbe da dire a Silvio Berlusconi, che sembra pure aver perso quel feeling con la Chiesa, difficilmente accusabile di essere "comunista". Togliere la festività è togliere quel poco di "federalismo" delle festività che consentiva ad ogni campanile di avere un "suo" giorno di vacanza. Ovvio che ciò aveva dei limiti, perché il giorno di ferie coincideva grossomodo con la sede del luogo di lavoro e questa non sempre era uguale al luogo di residenza. Il caso della "Festa della Valle d'Aosta" e la scelta della data per festeggiarla nasceva da varie combinazioni concomitanti. Era il giorno in cui si tenevano le udienze generali del Duché d'Aoste con i regnanti ed è stato, per caso, il giorno dell'emanazione nel 1945 del Decreto luogotenenziale che ha sancito la prima forma autonomistica della Valle dopo il fascismo. Ma soprattutto è da secoli il giorno di San Grato, Patrono della Diocesi di Aosta con una commistione da sempre fra momenti religiosi, come la celebre processione, e festeggiamenti civili. Il fatto che fosse giorno di festa ad Aosta era importante per fare della "Festa della Valle d'Aosta" una vera e propria festa popolare e anzi all'epoca avevo cominciato a guardare se potessero esistere modalità per farne una festività per tutta la Valle. Ma la nostra Autonomia speciale non ha purtroppo il respiro per farlo ed è illuminante rispetto a certi limiti dei nostri poteri. Altro che federalismo! Oggi la soppressione colpisce al cuore lo sviluppo futuro della Festa e bisognerà decidere cosa farne e come unificarla con quella celebrazione - per nulla sentita dalla popolazione - del giorno di emanazione dello Statuto d'autonomia, il 26 febbraio del 1948, che si attesta da anni nell'ultima domenica di febbraio. Va trovata una soluzione intelligente e speriamo che i Patroni, dal cielo, facciano sapere con qualche saetta il malumore per il ridimensionamento delle feste locali in loro onore con l'abrogazione per legge dell'ufficialità di momenti collettivi dalla vertiginosa profondità storica.