La classe non è acqua e in certi casi ciò appare in tutta la sua evidenza. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con un discorso "a braccio" di evidente efficacia pronunciato a Palazzo regionale, ha dimostrato per l'ennesima volta come un Capo dello Stato possa esercitare il suo alto magistero con grande capacità e raro equilibrio. Un vecchio saggio che trasuda competenza e senso dello Stato in forte chiave europeista. Esattamente il contrario di chi passa il tempo a distruggere la credibilità della democrazia, ad avvelenare il senso civico, a far "carne di porco" del senso morale e a mischiare affari suoi con il bene pubblico. Avendo attraversato la politica italiana per oltre sessant'anni, Napolitano può esprimersi sulla nostra storia contemporanea con competenza e bastano tre nomi citati - Emile Chanoux, Federico Chabod e Severino Caveri - per tratteggiare le ragioni della nostra attuale Autonomia speciale. Lo ha fatto con grande perizia "costituzionale", citando decreto luogotenenziale del 1945 e Statuto speciale nel 1948. Plaudire al "sistema valdostano", che mette assieme aspirazioni ideali e necessità di assicurare un'amministrazione concreta, e condividere le aspirazioni federaliste vuol dire per Napolitano, che non ha paura di usare il termine "identità" (e di usare il francese nei saluti finali), entrare nel merito di una discussione in corso. Il suo federalismo non è mai un balbettamento opportunistico, ma entra nel vivo di un dibattito storico strettamente legato al 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia e il Presidente della Repubblica ha persino evocato il regionalismo in cui credeva lo stesso Camillo Benso Conte di Cavour! Con me è stato simpatico al momento del saluto in Consiglio Valle, trovandomi «irrobustito» rispetto ad un'immagine smilza che aveva nella memoria. Maledetti anni che passano! Abbiamo sorriso assieme.