Quando ieri mattina, giunto nel Cantone di San Gallo nel lussuoso albergo che ospitava la conferenza sulla strategia per la macroregione alpina, mi hanno detto della presenza sul posto di Umberto Bossi sono rimasto di stucco. Cosa c'entrava il fondatore della Lega con la manifestazione che prevedeva discussione e voto di un documento da parte dei Presidenti di Regione? L'ho avvicinato e salutato, ricordando le frequentazioni passate. E' stato gentile, pur nelle difficoltà evidenti di espressione dovute ai postumi dell'ictus. Restava da capire il perché fosse lì. L'attesa che si avviassero i lavori non è stata noiosa ed è stata dedicata ad una discussione informale con il presidente della Provincia di Trento, Lorenzo Dellai che, cambiando la posizione sinora assunta dalla sua Provincia autonoma, annunciava che non avrebbe approvato nulla, perché riteneva - riassumo - che la presenza delle grandi Regioni solo in parte alpine potesse annacquare le zone davvero montane. Ho spiegato come la geometria variabile della strategia alpina, ancora da perfezionare nei suoi contenuti prima di avviare l'iter in Europa, si basasse sulla garanzia di un rispetto della componente più montanara con politiche specifiche in ossequio al principio europeo della coesione territoriale e della montagna come cuore delle Alpi anche per la parte pedemontana e subalpina. Mi pareva poi, dal suo intervento e dal suo voto favorevole al documento di base, che Dellai avesse condiviso il ragionamento, per altro ripreso dal presidente della Valle Augusto Rollandin nel suo intervento ufficiale. Finito tutto, quando sul prato si svolgeva il rito delle foto ufficiali, si è scoperto il ruolo di Bossi, quando i presidenti leghisti Roberto Cota del Piemonte e Luca Zaia del Veneto, assieme al pidiellino Roberto Formigoni (che senza Lega va a casa)i, si sono fatti fotografare con il vecchio leader (da oggi il testimone nella Lega passa a Roberto Maroni) dietro ad un bandierone con il simbolo della Lega. Questo atto finale ha reso intellegibili certi passaggi negli interventi di poco prima dei presidenti leghisti e conferma purtroppo che certi timori di Dellai non fossero del tutto infondati. Nel proseguo del progetto bisognerà infatti evitare strumentalizzazioni "padaniste" che, nel tramonto di un certo ruolo della Lega, possano svuotare dei suoi significati politici forti e condivisisi la strategia alpina. Non può essere accettabile riallacciare questa nostra strategia macroregionale a quelle macroregioni alla Gianfranco Miglio con l'Italia divisa in tre Repubbliche Nord, Centro e Sud, che non c'entrano niente con il respiro europeo delle Alpi e che potrebbe persino essere nocive rispetto ai popoli alpini più piccoli come siamo noi. Il federalismo è altra cosa, come mostra proprio la Svizzera nell'equilibrio fra cantoni grandi e piccoli. Basta con serenità respingere certe "letture" strumentali nel lavoro di approfondimento dei prossimi mesi.