Il Forte di Bard è una straordinaria macchina culturale. Ci penso tutte le volte che ci vado con il vantaggio di conoscerne a fondo il funzionamento, essendomi trovato ad occuparmene al momento della sua apertura. In tempi di "tagli" e sacrifici non sarà facile mantenere alta la qualità, perché il sistema è molto costoso e resterà sempre problematico il rapporto fra costi e ricavi in assenza di proventi a suo tempo calcolati come dimostrano - solo per fare due esempi - l'albergo interno, cui ormai si è rinunciato, e il ristorante delle Polveriere, mai decollato malgrado le gigantesche cucine. E tuttavia diceva bene Bobo Pernettaz, ieri a Bard a presentare i suoi lavori in mostra nelle Scuderie del castello, di come per noi della Bassa Valle la fortezza sia stata negli anni - prima della sua apertura al pubblico - un elemento di riferimento fisico, una sorta di frontiera, ma quella di passare dall'abbandono alla ristrutturazione e infine alla sua riapertura sotto nuove vesti, mai più guerresche, è una bella storia. E' stato, in fondo, un caso di riciclaggio: prendi una cosa e la riutilizzi. E questo è lo stesso identico lavoro che fa Bobo Pernettaz con i suoi "legni esausti": chi abbia visitato i suoi atelier - uso il plurale perché ne ha già avuti almeno tre: il primo a Brusson, il secondo a Sarre e ora ad Aosta - sa che il montaggio dei suoi pannelli segue certo un'idea di raffigurazione ma passa anche attraverso il riciclo di legni già vissuti altrove, che trovano una nuova dimensione. Bobo gioca con questa sua nuova identità artistica così apprezzata, sdrammatizzando sempre questa sua attività con autoironia, ma si tratta di un vezzo, perché in realtà ha investito molto in questa sua avventura in una dimensione che è riconquista di sue fantasie e di rilettura, anche ma non solo, della sua Valle figurata e trasfigurata. Nel filmato di Michelangelo Buffa racconta di un suo lavoro recente per un regalo che gli era stato "ordinato" per un politico valdostano. Quel "politico" sono io e mi fa piacere che Bobo, che ricordo quando ero bambino come fosse uno degli amici più eccentrici e simpatici di mio fratello Alberto, abbia pensato per i miei venticinque anni di politica (grazie Mara ed Alexis, che me ne hanno fatto dono) ad un grande pannello fatto da una vecchia finestra e da un soggetto centrale che è costituito da tre elementi intercambiabili a seconda del mio umore del momento. I tre soggetti sono: gli attrezzi del politico che sono giustamente simili a quelli di un artigiano, il pubblico che segue la politica con tre galline grottesche, i miei colleghi in politica in guisa di strani animali. In questo momento al centro ci sono gli attrezzi perché in questa fase della nostra autonomia bisogna essere pronti e lesti a fare e disfare per non essere travolti dagli eventi.