Augusto Grandi, giornalista del "Sole - 24 ore", è mio amico da quando eravamo ragazzi. Militante di destra (molto a destra, ma anche con qualche frequentazione leghista), ha su molti argomenti una visione delle cose diversa dalla mia, ma questo non impedisce - come dev'essere fra gente che si stima e si rispetta - di dialogare su tutto. Ieri lo abbiamo fatto a Champoluc, dove da giovani vivemmo una comune militanza come aficionados della discoteca "Le Galion" su cui ha pure scritto un libro in cui vengo ricordato. Premetto che sulle cose che ci distinguono sta il fatto che lui frequenti con assiduità "Casa Pound", strizzando l'occhio alla destra post fascista di matrice sociale, che a me invece non piace affatto. Oppure, altro caso, lui è fautore - anche in questo caso attraverso un libro - dell'ingresso della Turchia nell'Unione europea su cui io, invece, nutro parecchi dubbi. Insieme ad altri due giornalisti della sua stessa area politica di riferimento - Daniele Lazzeri ed Andrea Marcigliano - ha scritto un libro (direi un "pamphlet" nel senso tecnico del termine) contro Mario Monti. Il titolo del volume ("Edizioni fuori/onda") è un programma: "il Grigiocrate". Il sottotitolo una sentenza: "nell'era dei mediocri". A spiazzare spunta la prefazione di un uomo di sinistra (molto a sinistra), Piero Sansonetti, che mostra come certi movimentismi di schieramenti opposti, ma accomunati da logiche anticapitaliste, si possano attrarre in questo caso contro il comune nemico Monti, che personificherebbe niente altro che i "padroni del vapore" (il peggiore sarebbe Sergio Marchionne della "Fiat") che saltano ormai la politica per impadronirsi dell'Italia in una prospettiva mondiale, di cui Roma sarebbe solo il primo tassello. L'ascesa di Monti viene raccontata a partire dal 1970 a Torino, quando iniziò la carriera universitaria di economista (e anche l'amicizia con Elsa Fornero), contrapponendo il disegno - che lo portò nel CdA "Fiat" - al precedente progetto di Comunità di Adriano Olivetti e ciò, venendo da destra, oggettivamente spiazza. Poi il racconto si allarga: la "Bocconi", la Commissione europea, la ragnatela di amicizie e d'interessi, il legame con il "Corriere della Sera". Ogni tappa verso Palazzo Chigi viene spiegata con una tesi: l'uomo giusto al momento giusto in una logica di disprezzo della politica, del Parlamento e della concertazione coi sindacati. Non svelo altri passaggi di questa ricostruzione del trionfo dei "poteri forti" e della politica del rigore, definita ironicamente "rigor mortis". Il progetto, secondo gli autori, non sarebbe il risanamento, ma la svendita dell'Italia e dell'Europa dell'euro e ciò con un insieme inquietante di complicità di cui "Super-Mario", "l'Uomo in Loden", sarebbe espressione. Complottismo, dietrologica, ricostruzioni romanzesche? Potrebbe anche essere, ma la lettura qualche brivido lo fa venire e semina dubbi che solo i mesi a venire potranno svelare. Certo è che Monti si è dimostrato acerrimo nemico delle "speciali" del Nord, modello scomodo di riferimento per l'evidente tentativo di affermare uno Stato centrale autoritario.