I più antichi, nella memoria, sono il gelato alla crema di Vinzia al "Vallin" di Verrès e il gelato confezionato alla banana nell'alimentari di Gigetta a Castelvecchio di Imperia. Sono due luoghi perduti per sempre: non ci sono più né le persone né i locali. Ma resta il prodigio dei ricordi e risento sulla lingua e il palato quei sapori unici, che hanno impregnato le mie papille gustative che lo hanno a loro volta trasmesso al mio cervello che le ha catalogate e le restituisce a richiesta. Un prodigio, certo. Sulla bontà del gelato non dilungo ma riporto volentieri una curiosità. Voi - la ricordo nel cuore dell'estate, tratta da montagna.tv - questa notizia sul gelato, che arriva dalla vicina Vevey l'avevate letta qualche mese fa? "Cosa hanno in comune neve, valanghe e prodotti del banco frigo come creme e gelato? Tutti e tre sono oggetto di uno studio voluto dalla "Nestlè" e affidato all’Istituto di ricerca su neve e valanghe di Davos. L’azienda infatti, ha richiesto l’aiuto del team di nivologi per migliorare la conservazione dei propri prodotti dolciari nel frigorifero di casa e rendere i gelati più cremosi. Sembra non esserci grande differenza tra neve e gelato, almeno secondo le analisi dell'Istituto di ricerca su neve e valanghe di Davos. I nivologi infatti, hanno condotto vari esperimenti per conto della Nestlè sui prodotti da conservare nel frigorifero: hanno analizzato campioni di gelato ai raggi X, sottoponendoli a varie temperature per diversi giorni o addirittura settimane. L'obiettivo era quello di seguire la nascita e l’evoluzione dei cristalli di ghiaccio che si formano nell'ambiente freddo dell'elettrodomestico. Sembra che gli scienziati abbiano notato una somiglianza tra come i cristalli di neve influenzano il manto nevoso instabile delle valanghe e la consistenza del gelato, anch'esso formato da una struttura instabile. Inoltre queste minuscole formazioni di ghiaccio hanno mostrato nei vari esperimenti un'elevata sensibilità alle variazioni di temperatura, variazioni che avvengono frequentemente dal momento della produzione del gelato all'arrivo nelle nostre abitazioni. Questi cicli di cambiamento compromettono la qualità del gelato, il suo sapore e la sua cremosità ed è su questo che ora gli scienziati si stanno concentrando: trovare un modo di constrastare gli effetti dei cristalli di ghiaccio e ridurne il loro sviluppo". Questa lunga spiegazione la riporterò al mio amico Mauro Morandin, pasticciere che fa a che ottimi gelati, e che ha aperto in via Porta Pretoria, quasi all'angolo con piazza Chanoux ad Aosta. Una parentesi golosa nel centro città.
P.S.: se cercate su Internet scoprirete che, specie negli Stati Uniti, è pieno di ricette per farsi il gelato partendo dalla neve come vera e propria materia prima. Pratica esistente in passato (di una sorta di sorbetto di neve con latte di capra parla la Bibbia!) certo sconsigliabile con l'inquinamento attuale.