Capisco che ormai parlare dei treni in Valle è difficile, mancando aggettivi nuovi, pur di fronte alla recente performance della "Fiera di Sant'Orso" coi treni colmi e in ritardo. Poi - ma è un fatto personale - essendomi occupato per molto della questione ferroviaria, mi spiace che tutto si sia così ingarbugliato e sconsolatamente paralizzato. In attesa di una applicazione, qualunque essa sia e anche parziale, della norma di attuazione sul trasporto ferroviario e la sua regionalizzazione, credo che la misura sia colma. E lo è anche e proprio perché aspettiamo che lo Stato batta un colpo e se non batte questo colpo, che è il dovere di applicare la legge, si tratta di omissione di atti d'ufficio. Siamo ormai ad un reato, insomma, ma sembra che quello di "finire nel cassetto" sia davvero il destino di più di una norma d'attuazione in spregio allo Statuto d'autonomia. E nel frattempo trattare con "Trenitalia" è un'impresa, come svuotare il mare con un cucchiaino, e chiedere loro delle risposte assomiglia alla caccia alle farfalle. Ogni cosa capiti c'e una scusa, un "muro di gomma" che ti impedisce alla fine di sapere il perché dei tanti e crescenti disservizi. Una volta è il freddo, un'altra il caldo, una volta è il locomotore, un'altra i binari, una volta cause di forza maggiore, l'altra il "Caso". In certe occasioni il dedalo delle società delle Ferrovie invoca il mercato, in altre impugna la clava del pubblico. Troppo comodo e intanto la concorrenza in Italia non c'è e anzi "Ferrovie dello Stato" - questa resta, malgrado il gioco di sigle - compra e s'ingrandisce nel settore trasporti. Nel frattempo i cittadini guardano alla Regione e non allo Stato, visto che oggi la Valle paga il servizio non più con soldi statali, ma con una trentina di milioni l'anno che sono nostri, perché "girati" dalla Regione. Della serie: paghi e conti zero con un interlocutore sfuggente e che alla fine considera la linea valdostana come una "rottura" e ciò vale in Italia per tutto il trasporto regionale. Il "core business" è altrove, dove si guadagna, come l'Alta Velocità, così il servizio pubblico può attendere. Anzi, decade come se un Paese straniero trattasse migliaia di chilometri di tratte ferroviarie e milioni di pendolari con l'arroganza che si riservava in passato ai Paesi vittime del colonialismo. E se lo dici si offendono mortalmente perché «non capisci lo sviluppo». Quale sviluppo? Ecco perché bisogna denunciare "Trenitalia" e qualcuno indaghi sui malfunzionamenti, sui ritardi e sulle responsabilità.