Ernesto Rossi, federalista, azionista e radicale scrisse nel dopoguerra sui partiti: «Il paguro (detto volgarmente "Bernardo l'Eremita"), per difendere la sua pancina molle, la ricovera in una conchiglia, dopo essersene pappato il proprietario [...] Quando gli istituti democratici diventano i gusci dei paguri, non sono più organismi vivi, anche se i movimenti dei paguri, che vi si sono accomodati dentro, possano darne l'apparenza». Questo ci deve far riflettere e ciascuno di noi deve pensare a chi siano i paguri che si sono impadroniti del proprio partito. Io, nel mio piccolo, l'ho fatto e ho reagito - con altri compagni d'avventura - agli avvenimenti e ho voluto costruire una "nostra" conchiglia che sappia evitare che un solo paguro faccia tutto da solo. Si tratta di una motivazione forte per impegnarsi. Pensavo a che cosa ha scritto l'estate scorsa la politologa Nadia Urbinati sulla rivista di "Italianieuropei": «La demagogia è una forma degenerata della democrazia, la sua periferia interna. I classici la situavano al punto terminale della democrazia costituzionale o "buona", conseguenza di un impoverimento della società e del timore della classe media di vedere indebolito il proprio status e dei meno abbienti di perdere quel poco che a fatica avevano guadagnato. In questo scontento, che contrapponeva i pochi ai molti, poteva emergere un astuto demagogo, che metteva in campo forze nuove, desiderose di farsi largo ed emergere. Oggi, la demagogia usa il linguaggio dell'antipolitica per esprimere opposizione all'attuale classe politica con il prevedibile obiettivo di scalzarla con una nuova. Se, poi, questa classe politica si è macchiata di corruzione, ciò rende l'arringa del demagogo ancor più facile ed efficace. Il Movimento 5 Stelle rientra in questa categorizzazione demagogica. Questo movimento non è però antipolitico nei suoi obiettivi, benché lo sia nella sua propaganda. Esso opera come un partito e se vorrà persistere nel tempo dovrà strutturarsi come tale. Nella democrazia rappresentativa non c’è scampo a questa regola. L'esperienza di Silvio Berlusconi insegna: avere i mezzi finanziari non è sufficiente (...) Un partito nato per vincere soltanto è un partito destinato all'estinzione. La memoria sulla quale ogni compagine si struttura, creando identità collettiva, si consolida anche grazie alle sconfitte, esperienze che uniscono non meno delle vittorie. Quindi il Movimento 5 Stelle, se vuole consolidare la propria presenza nella politica nazionale, deve essere pronto a scendere nell'agone sapendo che può perdere. La prepotenza verbale del suo leader rivela che questa non è ancora la sua condizione. Se sarà un partito di sola vittoria sarà di breve durata". Penso che sia una considerazione giusta e, essendo stata scritta oltre dieci mesi fa, quasi profetica. Ed è un insegnamento anche per il futuro dell'Union Valdôtaine Progressiste: per restare, dopo la straordinaria fiammata delle elezioni politiche, deve stabilizzarsi e reagire con la forza delle idee, dei valori sostanziati in azioni concrete, con l'equilibrio fra partecipazione e capacità di decidere, equilibrando democrazia rappresentativa e sistemi di confronto nella società. Facile a scrivere, difficile da fare. Il vecchio partigiano Stéphane Hessel, autore del libro "Indignez-vous!", morto in questi giorni indica una via: «Je vous souhaite à tous, à chacun d'entre vous, d'avoir votre motif d'indignation. C'est précieux. Quand quelque chose vous indigne comme j'ai été indigné par le nazisme, alors on devient militant, fort et engagé. On rejoint ce courant de l'histoire et le grand courant de l'histoire doit se poursuivre grâce à chacun. Et ce courant va vers plus de justice, plus de liberté mais pas cette liberté incontrôlée du renard dans le poulailler».