E' strano come in queste settimane dopo le elezioni si sia parlato moltissimo del Partito Democratico e di Movimento 5 Stelle e poco del Popolo della Libertà. Ora il Centrodestra irrompe nuovamente sulla scena per la stessa identica ragione che vale ormai da vent'anni: il "fattore B.", cioè la figura unica e ormai ingombrante di Silvio Berlusconi. Il leader "tornato in campo", dopo molti tentennamenti, ha dimostrato - con un recupero incredibile alle ultime elezioni - di essere un fenomeno elettorale, che come un gatto ha ogni volta sette vite e soprattutto una platea di elettori disponibili a seguirlo, malgré lui... Ora lo scenario è riassumile in questi 150 deputati che ieri hanno manifestato di fronte al Tribunale di Milano - sua "bestia nera", secondo il Cavaliere - per il "capo" che ormai, una storia dietro l'altra, rischia davvero la galera (i domiciliari, vista l'età) per l'imbuto nel quale stanno confluendo - sentenza dopo sentenza - i vari processi e altre vicende penali, come la "compravendita di parlamentari" ai tempi di Romano Prodi, appaiono sulla scena con conseguenze drammatiche sull'epilogo della vicenda berlusconiana. Berlusconi si sente braccato e butta tutto in politica e i suoi lo seguono, facendo delle sue vicende un caso politico, come se "Berlusca" fosse una sorta di moderno Alfred Dreyfus, vittima esclusivamente di macchinazioni giudiziarie. Una vicenda che apparirebbe solo grottesca se non avvenisse nel cuore di una crisi istituzionale - di acuta impossibilità di avere una stabilità politica a causa di uno Stato che non funziona e non solo per lo "spezzatino" della rappresentanza parlamentare - che mette paura, perché certi chiari di luna in una democrazia balbettante come quella italiana possono preludere a chissà quale bruttura. La famosa svolta autoritaria non è un'ipotesi da barzelletta e, comunque sia, bisogna cambiare le istituzioni della Repubblica prima che sia troppo tardi. Sarà interessante vedere se nel PdL emergeranno quelle voci, oggi silenti, che commentarono il ritiro dello stesso Berlusconi con malcelata soddisfazione, prima che tornasse sulla scena come un mattatore ormai anziano di una tragedia al suo culmine. Questo "fattore B." continua dunque a pesare e resta un problema davvero ingombrante che mostra con chiarezza il destino di partiti nati o trasformatisi in partiti personalisti, legati cioè indissolubilmente ai destini di una sola persona. Il PdL valdostano pare seguire silente questo scenario romano: sono più concentrati sul "fattore R." e cioè sulla chiusura dell'accordo con Augusto Rollandin per le elezioni regionali. Si tratta di un'attrazione fatale che spinge il Centrodestra ad essere inglobato, come un satellite, ad una Union Valdôtaine, ormai indubitabilmente diventata - come si vede dalla millimetrica regia delle sedicenti "primarie" con candidature finali preconfezionate - un partito con un solo uomo al comando.