Quando, come avviene in queste ore, sono in un Paese dove non è così agevole il collegamento via Web, allora rifletto - nel bene e nel male - su come sia serenamente diventato, come tanti, dipendente da uno strumento polivalente, nato dal nulla e che si è affermato nella vita di milioni e milioni di persone con quella rapidità caratteristica dei tempi che viviamo. Chissà quale ulteriore diavoleria si affaccerà negli anni a venire: mi turba quest'idea di protesi direttamente integrate nel corpo umano, ma non me ne stupirei affatto. La fantascienza, che spesso è fenomeno precursore di nuove frontiere del sapere, viene sempre superata dalla realtà. Rispetto ad Internet, ho avuto sentimenti contraddittori. Agli albori mi ero innamorato della sua potenzialità in un progetto editoriale per la comunità valdostana, ma l'idea visionaria si impantanò per varie ragioni, ma quella principale fu l'assoluta mancanza o i limiti tecnologici della connettività di allora. A quella fase - grazie alla ricerca che fece passi da gigante specie nell'uso del doppino telefonico - seguì un periodo di altro dubbio: alla fine quanti sarebbero stati i valdostani realmente connessi, se non una sparuta élite? In realtà il fenomeno - agevolato da quella intuizione del "Computer in famiglia" che ne diffuse alcune migliaia - si è ramificato anche in Valle con grande rapidità, anche se l'uso della Rete si limita in molti a funzioni basiche rispetto alle potenzialità. Lo zoccolo duro degli aficionados è diventato un gruppone e cresciuta la varietà dei soggetti - a nasometro e senza dati probanti, vista la secchezza di quelli "Istat" in materia - che oggi frequentano Internet e i suoi molteplici aspetti. Questo obbliga, senza eccessi, a calibrare anche in politica la presenza sui social media per evitare i rischi feroci della sovraesposizione personale o l'impressione che quello strumento sia diventato la politica, mentre è, e resta appunto, uno strumento e non sto a perdermi in riflessioni sulla celebre - ma ormai francamente datata - espressione il "medium è il messaggio" di una trentina di anni fa del celebre sociologo canadese Marshall McLuhan, lo stesso che con "villaggio globale" aveva in sostanza precorso l'arrivo di Internet. Oggi siamo tanti dentro la Rete, ma è come un mare che può essere quieto o agitato, pulito o sporco, pieno di vita o morto, dare libertà o chiuderti in trappola. Metafora materiale e immateriale della vita. Ma soprattutto può essere un'illusione ottica: non sempre l'oasi che vedi esiste, perché in rete, come nel deserto, si creano - specie per la politica - dei miraggi.