"Pace". Questa è una parola importante, slogan pasquale per eccellenza, per cui è bene ricordarla, perché non sempre una cosa costante deve diventare ripetitiva e, come tale, perdere delle sue ragioni. Giorgio la Pira, nell'epoca della mia infanzia, quando la "guerra fredda" incombeva sul Vecchio Continente, scriveva: «La pace è inevitabile; la pace e la distensione non hanno alternative: l'alternativa è solo la morte, l'apocalisse, la distruzione totale, il progetto antigenesi». E nell'Ottocento lo scrittore francese Victor Hugo annotava: «La guerre, c'est la guerre des hommes; la paix c'est la guerre des idées». Oltretutto oggi in circolo ci finiranno, con il cioccolato (con cui stamattina faccio colazione con il rito della "rottura" delle uova), sostanze che pare facciano miracoli tipo la feniletilamina, la serotonina, l'anandamide, i polifenoli, l'epicatechina. Giuro che sono tutte vere e, sgranocchiando il cioccolato, non ne abbiamo alcuna consapevolezza. Per cui con queste premesse scientifiche strafocatevi una tantum e godetevi la festività. Come segno di pace, nel piccolo. Per cui non resta che una poesiola di un grande scrittore, Gianni Rodari, che scriveva per i bambini e per il bambino che resta per sempre in noi:
L'uovo di Pasqua.
Dall'uovo di Pasqua è uscito un pulcino di gesso arancione col becco turchino. Ha detto: «Vado mi metto in viaggio e porto a tutti un gran messaggio!» E svolazzando di qua e di là, attraversando paesi e città ha scritto sui muri, nel cielo e per terra: "Viva la pace, abbasso la guerra".