Mi ha scritto, giorni fa, un anonimo su "Twitter" un messaggio più o meno di questo tenore: «è inutile che cerchi di rifarti una verginità». Immagino che dovesse trattarsi di un terribile insulto e invece - mi spiace per l'autore del tweet anonimo - se considero questa sua presunta provocazione utile per parlare di me e di come mi inserisca nel progetto politico dell'Union Valdôtaine Progressiste. La premessa è una frase dell'economista Luigi Zingales: «Non c'è persona più fedele del buono a nulla, perché non ha alternative». L'ha usata per spiegare la "peggiocrazia", vale a dire perché i partiti, che una volta cercavano i migliori, ora cerchino molto spesso i peggiori. L'UVP dovrà sempre fare il contrario. Chi ragiona con la propria testa, infatti, non accetta logiche fideistiche con un'adesione incondizionata e acritica, costi quel che costi. La fedeltà si incrina quando ci si accorge che le cose non vanno e lo dico con mestizia. Nel mio caso, a minare la mia precedente esperienza, è stata la trasformazione irreversibile dell'Union Valdôtaine in un partito personalista. A nulla vale mascherare la realtà con regole statutarie o, come di recente, con un simulacro di "primarie" per dimostrare che la democrazia c'è. La realtà è l'esatto contrario, non dico del federalismo ma della democrazia basica. Capisco e rispetto chi ama avere un capo unico e infallibile che decida per lui, che è stata - sia chiaro - una deriva generale nel sistema dei partiti in Italia e non solo. A me il sistema non piace, perché il "culto della personalità" non mi appartiene. Ammoniva, un secolo fa, lo studioso dei partiti Roberto Michels, poi diventato fascista, con un linguaggio che oggi suona come desueto: «Nelle masse vi è un profondo impulso a venerare chi sta in alto. Nel loro primitivo idealismo, esse hanno bisogno di divinità terrestri». Vergine non sono vergine e chissà se l'anonimo che scrive lo è, visto che offre lezioni gratuite. Ma credo che il termine giusto da usare sia un altro, che per me sta diventando il grande discrimine nella valutazione del mondo, vale a dire "onestà", parola che viene da "onore". Ed onore ha una duplice lettura: integrità rispetto a principi morali e buon nome che significa dignità personale. Nessun moralismo e nessuna autoassoluzione: voglio solo dire che la politica non è una zona franca dove certe questioni non siano importanti. Per cui non rivendico verginità, ma l'onestà sì. Charles Perrault la raccomandava nelle sue fiabe: «L'honnêteté coûte des soins, Et veut un peu de complaisance, Mais tôt ou tard elle a sa récompense, Et souvent dans le temps qu'on y pense le moins». Sul tema non tornerò più.