Seguo da molti anni, apprezzandone l'arguzia e lo spirito caustico, il giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti, cui si deve in particolare una capacità anticipatrice dell'attuale logica multimediale, espressa in noti programmi radiofonici da una trentina d'anni. Il suo essere fuori dal coro ha sempre dimostrato quel che conta per un giornalista: carattere e originalità e, se esiste ed è il caso, anche uno spirito anticonformista senza compiacimenti. Ho letto in queste ore il libro "Una notte ho segnato che parlavi", uscito poco tempo fa per "Mondadori", e dedicato ad un'esperienza personale, quella di avere un figlio autistico, Tommaso, di quattordici anni. E' un racconto senza fronzoli di una storia che sta diventando comune, visto che ad un bimbo su cento oggi viene riscontrata - forse per un miglioramento della diagnostica - una forma più o meno grave di autismo. Io ho in mente qualche caso che conosco in Valle e ho letto alcuni altri libri sul tema e capisco come per dei genitori questa malattia, dai tratti ancora piuttosto misteriosi, irrompa con violenza nella quotidianità e anche nella preoccupazione per il futuro per creature che, nella maggior parte dei casi, non sono autosufficienti con il problema grave del "dopo di noi". Consiglio la lettura del libro, dove si parla delle cose con concretezza e con molto amore, e questo svela anche il vero volto di un Nicoletti che al microfono gioca spesso sul suo cinismo personale, mentre qui afferra le questioni con forza, senza rinunciare alla sua ironia e talvolta al sarcasmo. Lo ha fatto, in questo caso, non solo scrivendo un libro, ma con un una proposta finale che appare come una sorta di utopia nella slabbrata e agonizzante società italiana, in cui tutto sembra giocare verso un taglio ai servizi per tutti quelli che sono in difficoltà. Nicoletti adombra il rischio di un'eugenetica di tutti i giorni, fatta di sciatteria e di disinteresse del settore pubblico verso problemi seri come l'autismo su cui in più si aggirano, come avvoltoi, leggende metropolitane e molti profittatori. Chi si trova a vivere questa situazione, la famiglia con la persona malata, finisce per essere - per usare un'espressione del libro - tutta avvolta nello stesso bozzolo di dolore, di paure e spesso di solitudine. Ma Nicoletti non demorde e rilancia con il libro e con il sito miofiglioautistico.it: «vorremmo creare un centro pilota dove sia possibile progettare e realizzare un'esistenza felice e dignitosa a persone "speciali", che dall'adolescenza in poi diventano un problema che grava quasi unicamente sulle spalle delle loro famiglie. Restituire alla società l'efficienza e la serenità di intere famiglie che spesso sono distrutte dall'eccessivo onere della gestione di un figlio con handicap. "Inventare" un habitat stimolante, gioioso e in sicurezza dove sia possibile svolgere attività formative e terapeutiche mirate al benessere e alla massima possibilità di espressione delle abilità dei ragazzi". Raro caso italiano in cui, come vedrete nel sito e nel percorso proposto, non ci si limita a raccontare e a denunciare, ma appare nitida una proposta che si staglia nel quadro difficile, fatto da quell'impasto di gioia e dolore per un "figlio diverso", di cui tuttavia si spiano le potenzialità in un mondo fatto a sua misura. Nicoletti descrive quest'idea in modo impareggiabile. In fondo, nient'altro che una speranza da realizzare, perché un'umanità senza solidarietà sarebbe uno schifo.