Ogni anno, in modo crescente, c'è chi eccepisce sul 25 Aprile, giorno della Liberazione. Una data che per l'Italia è stata in modo simbolico la complessa e contraddittoria fine della Seconda guerra mondiale e dell'ormai rantolante dittatura fascista, nelle mani dei tedeschi. Per la Valle d'Aosta c'è di più: si va dall'antifascismo larvato a quello clandestino, sfociato nella lotta armata con elementi locali e con persone che, provenienti da fuori Valle, «salirono in montagna» per dar vita alla Resistenza partigiana. Un fenomeno importante e coraggioso, che come tutte le cose umane ha avuto anche da noi aspetti oscuri, ma quelli luminosi - nel mio giudizio - sono enormemente più grandi. E' vero che senza gli Alleati la Liberazione non ci sarebbe stata nei termini che conosciamo e che in Italia ci sono intere zone dove la Resistenza fu minoritaria, ma noi valdostani - e la Valle inalbera sul suo gonfalone la medaglia d'oro della Resistenza - abbiamo le carte in regola per dire: «noi c'eravamo». Di questo bisogna essere grati e riconoscenti e da quei fatti nacque l'autonomia speciale, un regime di autogoverno lontano parente del federalismo sognato da una parte della Resistenza valdostana nel solco di Emile Chanoux. E tuttavia quell'autonomia c'è ed è frutto di quella temperie storica che portò alla liberazione di Aosta il 28 aprile del 1945, qualche giorno dopo la data canonica. Per me "ora e sempre Resistenza" nel ricordo dei tanti membri della mia famiglia che furono, in diversi modi, antifascisti e resistenti.