I politici non sono giudici e non mi infilo in una lezioncina sulla teoria della separazione dei poteri a partire da John Locke e da Montesquieu. Roba non tanto astratta, visto il calor bianco delle attuali polemiche berlusconiane sulla Magistratura. Questo assunto, però, deve essere evidente e definito: nella dialettica politica ogni tema può essere oggetto di giudizio e soprattutto nell'attività parlamentare, compreso in Consiglio Valle, esistono strumenti ispettivi di vario genere che consentono di esercitare funzioni di controllo. Questo serve al politico per rimarcare, nel rapporto fra maggioranza e opposizione, quanto non funzioni o sia sbagliato, affidando il messaggio al giudizio dell'opinione pubblica anche nel suo ruolo di corpo elettorale. E' uno degli anticorpi di un sistema democratico. E' vero che essendo il politico - in determinato ruolo elettivo - un "incaricato di pubblico servizio" deve rivolgersi alle autorità competenti quando individuasse, invece, nell'esame di qualche dossier delle ipotesi di reato, ma si tratta di casi rari e straordinari di cui mai abusare, perché non si fa politica con le carte da bollo. Credo proprio che la forza della politica sia nella tensione civile della denuncia pubblica, che va accettata per quella che è. Se mi preoccupo degli investimenti della società elettrica "Compagnia valdostana delle acque - Cva", se denuncio il "buco" nell'esercizio della Casa da Gioco, se dico di «no» alla metropolitana di Aosta o al centro espositivo dell'Autoporto, lo faccio per tratteggiare delle scelte non condivisibili, mentre se c'è dell'altro non spetta alla politica intervenire. Trovo, e in questa campagna elettorale ne ho avuto solo la conferma, quanto sia importante per il politico essere come un barometro dell'"idem sentire". Dovessi fare un breve repertorio di che cosa vedo emergere noto alcuni punti. Cresce la preoccupazione per la microcriminalità anche in Valle e molti interrogativi si fanno pressanti su 'ndrangheta e affini. Poi c'è la questione del lavoro, assolutamente pressante, dai problemi occupazionali alla crisi che soffoca le differenti attività produttive. Vi è poi il tema del "sociale", dalla sanità all'assistenza, reso pressante dal timore che lo "Stato sociale", nel nostro caso Regione, barcolli rispetto alla riduzione della spesa pubblica. Sul tema "autonomia speciale" penso che si debba fare una riflessione. Non tutti hanno una piena consapevolezza di che cosa significhi la posta in gioco nei prossimi anni verso Roma e Bruxelles. La crisi economica coincide da sempre con rigurgiti centralisti e forse è uno dei casi in cui, oltre ad essere all'ascolto, spetta proprio alla politica un ruolo di "moral suasion" sui cittadini per far capire come tutti i problemi debbano avere come cemento proprio la "specialità".