Uno strano silenzio è calato, in questo periodo elettorale in cui si mira a rinviare certi nodi al dopo 26 maggio, sui problemi finanziari che la "Cogne acciai speciali" aveva manifestato nei mesi scorsi, in un quadro europeo delicatissimo per il settore e nel cuore di una crisi economica generale che continua a picchiare duro. Come sempre, pur nella delicatezza dei temi, specie quando si tratta della più grande impresa privata che opera in Valle con il maggior numero dei dipendenti, è sempre bene la massima trasparenza. Ad aprile a rompere il silenzio c'era stata un'ampia conferenza stampa in cui, a nome della proprietà svizzera dello stabilimento, Roberto Marzorati aveva detto fra l'altro: «la spinta necessaria per arrivare in vetta è rappresentata da un sostegno che ci permetta di chiudere il piano degli investimenti. Un sostegno che un tempo sarebbe stato garantito senza difficoltà dal sistema bancario-finanziario, ma che oggi solo il decisore politico, visto l'irrigidimento delle banche, può offrire. Il mio appello è che l'impegno di noi tutti in "Cogne", insieme ai fornitori anche valdostani, non vada frustrato dall'immobilismo. Confidiamo che il sistema Valle d'Aosta continui a crescere insieme alle realtà positive della nostra Regione, sostenendole nei momenti difficili». Insomma: pareva che il problema fosse trovare un aiuto finanziario della Regione. Un argomento delicatissimo in siderurgia, visto che è un settore - sin dagli albori dell'europeismo - soggetto a un forte controllo per evitare che gli Stati violino i cogenti principi di concorrenza. Per cui bisogna muoversi con grande circospezione, specie quando la competizione si fa più forte a causa della contrazione del mercato. Non mi pare che, almeno ufficialmente, siano pervenute risposte chiare e compatibili con le normative comunitarie. Altrettanto delicato è stato in questi mesi, tenendo conto che la proprietà delle aree è pubblica, benché in locazione nella sua parte siderurgica, il tema ambientale. Vecchio argomento di vigilanza delle autorità preposte, reso ancora più necessario per quelle terribili verità (e anche la rete di omissioni che si svelano anche con recenti arresti) legate all'enorme area industriale di Taranto. Non si tratta di fare paura agli aostani, ma di verificare per filo e per segno che gli obblighi siano sempre stati puntualmente svolti a tutela della salute di tutti, compresi i lavoratori. Ovviamente con la sanità pubblica non si scherza, sapendo che le falde acquifere della città sono sottostanti l'area industriale e vanno monitorate tutte quelle sostanze volatili in una città che si trova a due passi dalle attività produttive. Insomma: non deve calare l'attenzione e bisogna che non ci siano distrazioni da parte di nessuno. Specie da parte del management, che invece pare occuparsi dei massimi sistemi in ruoli d'associazione, in genere di pertinenza di imprenditori e non di dipendenti. E pensare che la posta in gioco, come mostrato dalla lotta per la sopravvivenza in corso in tutta Europa, non è per nulla banale e bisogna tutti cooperare.