Ogni volta che partecipo ad una Messa, seguo con curiosità l'officiante, perché viene naturale - come se si trattasse di un riflesso condizionato - confrontarlo con i propri modelli di riferimento. Da bambino mi è capitato di fare il chierichetto e anche di fare le letture durante la funzione. In fondo, come tantissimi bambini, sin da piccolo - nella logica d'oratorio in cui la chiesa diventa un luogo familiare - si è vissuto quel "dietro le quinte" che ti consente di familiarizzare con il clero. Poi, con il passare degli anni, allarghi il cerchio delle tue conoscenze, capisci meglio le cose e ho avuto la fortuna di conoscere tipologie e gerarchie molti diverse, che potrei riassumere "dal prete di campagna al Papa". Mi riferisco naturalmente al privilegio di avere potuto incontrare Giovanni Paolo II (di più) e Benedetto XVI (di meno).
Posso dire che, da Don Carlo a Don Giacomo, da Don Perrenchio a Don Nouchy, da Monsignor Lari a Monsignor Anfossi (oggi il ruolo di Vescovo di Aosta è dell'ottimo Monsignor Lovignana) e potrei citarne parecchi, ho avuto il privilegio di venire a contatto, in diversa età, con persone che hanno lasciato un segno. Mi è poi capitato di leggere molto sulla Storia della Chiesa, compresa la nostra Chiesa locale e di capire quanto il legame fra il cattolicesimo e l'autonomismo abbia pesato sulla Storia della Valle, compresa quella contemporanea. Non nascondo di come segua oggi con curiosità il duplice fenomeno della crisi delle vocazioni, che ha ridotto al lumicino l'accesso di valdostani ai diversi gradi della carriera ecclesiastica e che, con l'invecchiamento dei preti, incomincia ad obbligare ad attività dei medesimi sacerdoti su più parrocchie. Una crisi che si è manifestata in maniera eclatante con la scelta dei Canonici del Gran San Bernardo di lasciare di fatto la Valle d'Aosta. Incominciano ad arrivare, come già avvenuto per le suore qui radicate, preti da altre località europee ed extraeuropee. Fenomeno che avevo già avuto modo di osservare durante mie visite in altre zone delle Alpi. Un cambiamento importante, la cui portata mi sfugge nelle sue esatte conseguenze, ma che certo cambia un mondo che aveva radici profonde in vocazioni locali, legate a tradizioni e abitudini della Chiesa valdostana, sopravvissuta nella sua identità a quel centralismo della Chiesa, che ha in parte ricopiato quanto fatto dagli Stati nazionali. Insomma, in un generale rivolgimento della realtà come ciascuno di noi l'ha conosciuta, anche certi punti di riferimento si trasformano. Inutile, in questo caso come per molti altri, usare lo sterile registro del rimpianto, ma bisogna semmai capire se e come determinati mutamenti incideranno sull'identità valdostana e sulla nostra comunità.