Tra l'ultima riunione del Consiglio Valle della scorsa Legislatura e quella del nuovo della XIV Legislatura, con in mezzo le elezioni del 26 maggio, passeranno poco meno di tre mesi di pausa. Dal Consiglio dell'8 aprile si va infatti a quello del 1° luglio. Un'enormità, certo in linea con le norme di legge e con la prassi, ma che dimostra come certi tempi della democrazia non corrispondano più alla velocità attorno alla politica, che si è fatta sempre più rapida. I problemi non avanzano con tempi ottocenteschi, caratteristici di norme e regolamenti tramandati da quell'epoca in cui tutto era più lento e felpato. Se poi aggiungiamo che al Consiglio d'insediamento, prima della pausa estiva, seguirà alla fine di luglio una sola adunanza, allora il "buco" diventa ancora più significativo e lo stesso vale per le Commissioni, che sono il luogo di lavoro sottocoperta che alimenta l'attività dell'aula. In questo frangente e cioè nel limbo fra Legislature, la Giunta regionale dovrebbe attenersi alla sola ordinaria amministrazione e non impegnarsi in questioni particolarmente delicate. Si suppone che un atteggiamento analogo dovrebbero avere le Partecipate. Basta dare un'occhiata alle delibere di Giunta (e alla visita del Presidente della Regione al Presidente del Consiglio, Enrico Letta) e ai comunicati stampa delle Partecipate per vedere che certe cautele non sono state strettamente rispettate e su certi dossier c'è un criticabile «avanti tutta!». Non si tratta di questione di stile, ma di temi assai concreti. In fondo, al di là della velocizzazione, la posta in gioco è quella di capire, nella sostanza e nella forma, se lo Statuto speciale in vigore conti o meno. L'ordinamento valdostano, a maggior ragione in assenza del sistema di elezione diretta del presidente della Regione (che non esiste - uniche eccezioni alla regola - da noi e a Bolzano), è e resta una democrazia parlamentare, che dovrebbe porre il Consiglio Valle in un rapporto quantomeno paritario verso il Governo regionale. Sappiamo che nel tempo questa situazione di eguaglianza si è modificata a vantaggio dell'Esecutivo e persino del solo presidente, sia per le personalità forti di molti di loro sia per l'oggettiva debolezza dell'Assemblea. Così come - in parallelo - nella Giunta, senza discutere il ruolo del presidente, non si può pensare ad una primazia troppo elevata di chi dovrebbe essere, nella sostanza, essere una guida, come si dice con una celebre formula in latino "primus inter pares". La crisi del parlamentarismo spinge in Italia a forme presidenzialistiche più accentuate e il dibattito sulla possibile elezione diretta del Capo dello Stato ne è l'esempio evidente. Forse sarebbe bene - partendo proprio da un esame degli esiti dei sistemi elettivi dei presidenti di Regione e dei sindaci - chiedersi se e come il ruolo delle Assemblee possa essere modernizzato per quell'indispensabile velocità di risposta da affiancare al necessario dibattito democratico sui temi. Equilibrio fra il "fare" ed il "ragionare" (e anche il "controllare") e la bilancia non può essere troppo squilibrata. Le istituzioni sono macchine delicatissime, ma quando non funzionano e soprattutto quando quel che è previsto sulla carta viene violato nella realtà, è ora di capirne la ragioni e di intervenire.