In tempi di vacche magre, pensare all'acquisizione per la Valle d'Aosta di nuove funzioni e competenze potrebbe sembrare un salto nel vuoto. Ed invece la logica dell'autonomia, come elemento dinamico che tende a spostare le decisioni qui da noi, è uno dei motori di un autogoverno non messo sulla difensiva, ma sempre all'attacco di competenze statali che possono utilmente essere trasferite alla Regione autonoma. Pensate all'Anas, l'ente gestore della gran parte della rete stradale italiana nella sua nervatura principale. L'Azienda, nata in epoca fascista, nel dopoguerra ha subito diverse trasformazioni, la più significativa una decina di anni fa con la nascita della "Spa". Ma, nella sostanza, la "macchina" è rimasta più o meno sempre la stessa: un pesante e inefficace elefante burocratico. In Valle d'Aosta, in ossequio all'autonomia, si cercò di tagliare lo storico cordone ombelicale interregionale con il Piemonte con una norma d'attuazione dello Statuto del 1978, che prevedeva la nascita - concretizzatasi anni dopo - di un compartimento regionale dell'Anas. Questo compartimento ha vissuto alti e bassi, con carenze di personale e un cambio continuo ai vertici, tipo porta girevole. Non parliamo delle difficoltà di avere i soldi per i lavori grandi e piccoli. Ricordo quando nel 1994 l'allora Ministro dei Lavori Pubblici, rispondendo ad una mia interrogazione in vista di una ristrutturazione dell'Anas, disse: «Risulta già da ora che il compartimento della Valle d'Aosta non potrà essere mantenuto se non come struttura limitata e subordinata ad altre». Capita l'antifona? Nel frattempo - siamo all'inizio degli anni Novanta ed ero deputato - la Valle accettò il trasferimento delle strade statali delle vallate laterali (Lys, Ayas, Valtournenche e Cogne), per cui all'Anas locale restano oggi la "statale 26" e la "statale 27" e dunque una rete viaria relativamente piccola. Nel frattempo il Compartimento Anas in Trentino-Alto Adige, con norma di attuazione del 1997, è stato soppresso con passaggio delle funzioni statali alle due Province autonome. Certo, parlando con i colleghi sudtirolesi e trentini, si evince come quell'esperienza oggi consentirebbe di scrivere meglio la parte finanziaria e normativa. Pensando, in particolare, che il ridursi dei trasferimento finanziari alla nostra Regione, ci obblighi ad avere certezze di fondi per la gestione ordinaria e soprattutto per gli investimenti futuri nella modernizzazione delle strade. Ritengo, tuttavia, che questa scelta di regionalizzazione sarebbe del tutto logica. Una ferrovia "regionale" e un sistema viario "regionale" andrebbe infine completato con una ripresa di ruolo decisionale nelle autostrade nel traforo del Monte Bianco, la cui sede principale resta - in spregio a ogni logica - a Roma. Roma doma...