Dare un'occhiatina di prossimità non è male e devo dire che, come tutti i valdostani della Bassa Valle, per frequentazione facile e abituale, vado spesso nel Canavese. Ci sono molti legami culturali e storici e averne coscienza non significa affatto far venir meno le ragioni della nostra autonomia speciale. Sono stato in visita al castello di San Giorgio Canavese, che è stato dei Conti di Biandrate, per poi passare - come tanti manieri - sotto l'ala sabauda. Oggi è privato e dispone di sale, che vengono affittate in vario modo, e di una parte di foresteria, che dà sul grande parco. Di origine medioevale, è diventato poi un castello intriso di un eccentrico barocco, stile che domina la rete di residenze nobiliari di tutta quella zona del Piemonte. Ma quel che conta non è l'aspetto, ma la sostanza della gestione, che lo accomuna alla maggior parte dei castelli canavesani. Vale a dire che, forse con l'eccezione del castello di Agliè e del castello di Ivrea (di cui si interessò mio nonno, quando fu sotto-Prefetto nella cittadina eporediese), la maggior parte dei castelli sono in capo ai privati, che quasi sempre li sfruttano per un uso turistico. Sull'esito reale delle singole operazioni non so cosa dire, penso che siamo distanti da storie di successo come in Francia, in Germania o in Svizzera, limitandomi a casi che conosco. Questo è un tema serio per una regione come la nostra, dove la larghissima maggioranza di castelli è della Regione. A parte il caso del Forte di Bard, che è già ampiamente aperto a logiche turistico-congressuali (ma l'hotel nella fortezza non è mai stato aperto, come di fatto il ristorante di livello che era stato previsto), si muove poco e non cito il caso specifico del Carnevale nel castello di Verrès che ha una dinamica particolare e autocentrata piu sul paese che sul turismo. Di nuovo, rispetto alla prevalente logica conservativa, c'è stato un uso "privatistico" per una festa-concerto nel parco del castello di Sarre e il maltempo non ha consentito una festa serale nel parco del "Baron Gamba" di Châtillon. Timidi tentativi di utilizzo. Da anni sostengo che bisognerebbe osare di più, non per trasformare antiche magioni in discoteche o ristoranti dozzinali, ma perché un uso museale - della storia stessa dei castelli o come spazio espositivo - rischia di essere limitativo. Tema difficile, che va affrontato, perché in fondo il rinvio è - scusate la banalità - una non decisione e in epoca di vacche magre il pubblico deve aguzzare l'ingegno per rimpinguare le casse da riutilizzare, in modo virtuoso, per i beni culturali.