Parlare del Casinò di Saint-Vincent non è mai facile. Io penso che si debba esaminare la questione con serenità, ma anche senza fare il "Gioco delle tre tavolette". Strade per un rilancio esistono, ma devono essere basate su di una strategia non costruita su speranze vaghe. Intanto, per tutti, sarebbe bene che ci fosse una storia vera e ragionata dalla nascita sino ad oggi, che offra un interessante quadro delle molte volte in cui il destino della Casa da gioco si è incrociata con la politica valdostana non nell'ordinarietà dei rapporti, ma con vicende di cronaca significative. Io conosco bene i fatti dell'ultima trentina d'anni e so bene che, se dico "Casinò", mi trovo pure io in un attimo su "Twitter" con qualcuno che torna sul mio periodo di Presidenza della Regione. Incluso il momento in cui, grazie a qualche burattinaio, ci fu una settimana di sciopero dei croupier per una vicenda ininfluente, con continue assemblee dei dipendenti, degne di miglior causa. Ma poi si è visto il perché: c'era chi, in quel frangente, versava benzina sul fuoco al solo scopo di creare un clima propizio a favore di un "Salvatore", che arrivasse ad aggiustare tutto quel che si diceva essere stato sfasciato. Peccato che tutto quel che era stato promesso non è arrivato, se non del denaro a pioggia per tacitare malumori in certi reparti, ma che sia chiaro che allora non eravamo affatto nel disastro attuale e esisteva un percorso tracciato. Mentre oggi a parlare di fallimento ("libri in Tribunale") è ormai l'azienda stessa. Sparisce l'ottimismo di cartongesso del periodo prima delle elezioni, che è stato un misto fra circonvenzione d'incapace e abuso della credulità popolare... Ma questo è solo un inciso, perché non voglio occupare troppo spazio per togliermi sassolini che ho nelle scarpe. In fondo, lo scenario del piano sino al 2016 - almeno nel documento che ho letto, che sfiora le duecento pagine, ma ad interessare saranno sì e no una trentina - agisce principalmente sul costo del personale, come scelta per prendere un po' di respiro, aspettando che giocatori cinesi ricchissimi arrivino a mettere a posto i conti, spendendo e spandendo. Dovendo schematizzare, sul personale le manovre mi paiono tre: pensione nel triennio per 150 persone, ma son curioso di capire se i numeri - per contributi e anzianità - siano veritieri, perché a me i conti non tornano. Ma è un mal di pancia dei sindacati, perché sono loro - per chi lo fa - che devono tutelare i diritti dei lavoratori. Secondo punto: tagli agli stipendi - immagino attraverso lo stop a voci varie - per risparmiare. Infine, terzo punto, la nascita di una società per chi entrerà in futuro con condizioni low cost: visto la fame di lavoro in tanti sono pronti a tutto. Non penso che sarà semplice conciliare con lo stato di crisi alcune cose: la presenza di pensionati che risultano stipendiati in posti importanti, i contratti interinali in gran voga in tutte le Partecipate perché creano legami di sudditanza, l'esternalizzazione di servizi che rendono apparenti certe economie derivanti dal venir meno di personale interno e infine bisognerà passare, visto lo stato della situazione, al pettine fine il bilancio. Un quadro complesso, ma è vietato distrarsi, perché chi oggi difende il "Casinò de la Vallée" non lo fa a difesa di privilegi veri o supposti tali, ma di un'attività che, pur diversa dagli anni d'oro, può essere importante per l'economia valdostana.