Bisogna sempre guardarsi attorno con curiosità. Il peggior esito, per una piccola autonomia speciale, sarebbe quello di chiudersi nel proprio particolare, mentre è bene mantenere contatti e confronti. Ecco perché ho seguito l'esito delle urne nelle elezioni regionali in Sardegna. Iniziamo dal risultato: diventa presidente della Regione per il centrosinistra Francesco Pigliaru, economista e pro-rettore dell'Università di Cagliari, subentrato all'ultimo momento alla candidata vincitrice delle primarie. Francesca Barracciu, infatti, è stata "bruciata" nell'inchiesta sui costi della politica presso il Consiglio regionale della Sardegna. In questa fase della politica, che piaccia o no, chi si trovi in aria di sospetto, pur in una fase preliminare, esce di scena. Il grande sconfitto è il presidente che conosco bene, Ugo Cappellacci, che penso si fosse convinto di farcela, contando anche sull'appoggio al centrodestra del Partito Sardo d'Azione. Sconfitta anche a sinistra la scrittrice Michela Murgia, che ho sempre letto con piacere, e che ha avuto un risultato inferiore alle aspettative.
Ci sono dinamiche, come quella dei sardisti storici ripassati a destra, dopo aver appoggiato la Barracciu, che da esterno non capisco, così come sfuggono le ragioni esatte della vittoria di Pigliaru. Ad esempio non si capisce se il recentissimo "fattore Renzi" abbia pesato su questa scelta o se, viceversa, ci sia stata una qualche ricaduta in negativo sull'impressionante tasso di astensionismo (un sardo su due non ha votato). Quel che è certo è che, finita l'era Cappellacci, la Sardegna - accanto ai numerosi problemi interni - deve decidere se riprendere un dialogo attorno al futuro complessivo delle autonomie speciali, specie quelle del Nord, avendo la Sicilia dinamiche tutte e sue, che sfuggono al confronto. In particolare, sia l'antica storia comune coi Savoia sia per le somiglianze fra gli Statuti, ma anche per rapporti politici del passato e analogie fra montagna e zone insulari, con la Valle d'Aosta ci sono affinità interessanti. Come dimostrato, in più, dalle discussioni sull'europeismo e sulle questioni linguistiche su cui dibattere assieme. E vi è in più una forte immigrazione sarda, radicata da noi, a fare "da ponte". Tutto ciò conferma la speranza che il nuovo presidente e la sua nuova maggioranza vogliamo tornare a discutere su molti argomenti con le altre "Speciali", condizione importante in un periodo difficile per le autonomie differenziate, chiamate a far sistema contro gli attacchi e le incomprensioni. Per evitare il peggio nelle riforme costituzionali che incombono.