Chiunque in Italia sia un essere pensante non può non dare qualche credito a Matteo Renzi e al rischioso ruolo che si è assunto con la decisione di andare a Palazzo Chigi. Lo ha fatto, in una situazione difficile, dimostrando di essere rapido ma anche un pochino cinico, con una picchiata vertiginosa ed è ancora in volo per nuove missioni difficili sul filo, ormai reiterato, del «se non ottengo quel che voglio, me ne vado». Nella palude della politica italiana, ci voleva un rivolgimento secco, anche se - ad essere franchi - si basa su alleanze di governo che sono già in partenza piene di lacci e lacciuoli per il limite intrinseco di una maggioranza attaccata con lo "scotch" e basata sulla non belligeranza del sempreverde Silvio Berlusconi, che ha una sua personale tempistica "Cicero pro domo sua" (aspetta l'amnistia?). Ma trovo che, nel continuo "conto alla rovescia" per fare in fretta, ci sia nel mirino del giovane fiorentino una priorità che personalmente non capisco. Si tratta dell'abolizione del vecchio Senato con la nascita del "Senato delle autonomie", già istituzione inutile prima di essere partorita, perché programmata per essere priva di poteri reali e con un equilibrio numerico a detrimento delle Regioni, indebolite dalla scelta. Questo sortirà un monocameralismo di fatto, che seppellirà - in questa Terza Repubblica - ogni seconda Camera di vaga impronta federalista, che era la strada per modificare il bicameralismo perfetto o, se preferite, simmetrico. E' probabile che questa scelta della sola Camera dei deputati elettiva e "che conti" sia bene accetta da ampia parte dei cittadini, che ormai quando vedono un'Assemblea di eletti vedono rosso e imbracciano un fucile mitragliatore per sparare a causa del degrado delle funzioni parlamentari e di una classe politica indifendibile nel suo complesso. Ma non fa solo questo il rullo compressore di Palazzo Chigi, perché la manovra ha in contemporanea una profonda revisione in senso neocentralista dell'impianto costituzionale repubblicano. Il regionalismo rafforzato dell'inizio degli anni Duemila fa un brusco passo indietro e si torna ad un regionalismo anni Settanta, ai suoi esordi per le Regioni a Statuto ordinario. Nel caso delle autonomie speciali, come la Valle d'Aosta, il testo varato in fretta e furia, dal Consiglio dei Ministri è peggiore della bozza sino ad oggi circolata. Siamo di fronte ad uno Stato che si riappropria di una marea di poteri e competenze e che ottiene un sacco di meccanismi di controllo sul regionalismo e sul sistema autonomistico. Un dietro front incredibile e che colpisce a fondo non dico un federalista, ma anche un regionalista della domenica. Anche in questo caso parte dell'opinione pubblica e dei giornali plaudono a questa "tabula rasa", che schiaccia finalmente Regioni e Enti locali, assurti da tempi a simbolo di spreco e di stupidità. Sono pochi quelli che osservano che il ritorno al centro sarà un clamoroso autogol e - lo dico sommessamente - una scelta gravemente lesiva di quella costruzione pur imperfetta e lentissima a realizzarsi che fu la vigente Costituzione. Nel caso delle Speciali, di cui apparentemente viene confermata l'esistenza in vita con il 116, c'è un comma nelle norme transitorie che prevede che i contenuti della legge costituzionale siano immediatamente applicabili, aspettando la riforma dei singoli Statuti. Dunque, attendendo, si applica tutto quanto e questo colpisce gli Statuti vigenti in materie decisive sia dal punto dell'ordinamento, compresa la parte finanziaria, In più eventuali modifiche future dello Statuto - senza il principio dell'intesa - potrebbero essere ancora peggio. Ho letto di chi si bea di clausole di salvaguardia che nel testo non ci sono! Certo si è all'inizio, per cui l'iter di una riforma costituzionale è lungo e complesso e vi sono garanzie di voti a maggioranza assoluta, ma colpisce che sia una priorità così assoluta e al passo di corsa dei bersaglieri, mentre le norme costituzionali vanno prese con il passo lento e cadenzato degli alpini. Magari ci si mette un pelo in più, ma si evita il fiatone e pure il rischio di caduta. Spero nella ragionevolezza, ma non bisogna essere conformisti nel fare le critiche.