Ho già scritto, in questi giorni del mio stupore della leggerezza con cui il ministro delle infrastrutture e trasporti, Maurizio Lupi, ha approcciato il problema della ferrovia in Valle d'Aosta. Pur a fronte di una norma di attuazione sul trasporto ferroviario del 2010, in cui si sono dettate le diverse possibili procedure per l'esercizio regionalizzato della linea e persino per l'eventuale cessione, così come sui lavori di ammodernamento necessari, Lupi - osservato che la linea ha ancora caratteristiche ottocentesche («elementare, Watson…») - si è detto lieto che si siano aperte trattative con la Valle sulla questione. In realtà dovremmo essere sulla dirittura d'arrivo, dopo inspiegabili ritardi da parte dello Stato (anche se l'esatta strategia della Regione resta ignota), ma si vede che le comunicazione avvengono, in linea con le locomotive a vapore, con i piccioni viaggiatori. In realtà Lupi avrebbe dovuto dire che il suo Ministero ha le idee chiare, che risultano nelle apposite tabelle del "Documento di economia e finanza 2014", laddove si citano - zona per zona - le realizzazioni infrastrutturali da realizzare. Tra l'altro, per quelle del futuro, l'insieme di norme dello "Sblocca Italia" prevede una crescente forza dal centro per le decisioni su queste infrastrutture, facendo del sistema autonomistico una sorta di "belle statuine". Nella sostanza: se lo Stato decide, lo Stato impone con procedure "blindate" e basta popolazioni ed eletti locali che mettono i bastoni fra le ruote del "cambiamento". Fatto salvo un finanziamento di settanta milioni di euro per la Funivia del Monte Bianco (il cui costo è salito nel tempo fino alla vetta di 144,79 milioni di euro e son curioso di vedere il costo finale), nell'elenco per la Valle d'Aosta appare solo un'altra opera: il raddoppio del Traforo del Monte Bianco. Opera avversata, in primis, dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta e che i francesi, ai massimi vertici, hanno detto di non volere. Ma l'Italia - e con essa anche i soliti noti in Valle d'Aosta, che aspettano solo il momento buono per agire - tiene duro, anche se in genere su di un tunnel bisognerebbe avere la certezza che dove spunti il buco ci sia consenso ed anche il necessario cofinanziamento. Non è che i trafori si finanziano in modo unilaterale... Il costo, a carico dello Stato, ma non so bene come se la giocherebbe l'Anas, cui spetta il compito nel rapporto con il privato Benetton (azionista di maggioranza, che magari ambisce ad una proroga della concessione, ora fissata al 2032), è di 371,65 milioni di euro. Il modello perseguito è in sostanza quello del Fréjus, dove in questi giorni è caduto l'ultimo diaframma della seconda canna del traforo, che sarà in esercizio nel 2017. Il raddoppio del Monte Bianco, che è un "affare" mica da ridere, come il miele per gli orsi, sembra non tenere conto di una serie di circostanze. Tipo il "no" a costruzioni di questo genere, che ovviamente penalizzano ogni idea del trasporto merci su rotaia, sancito dal "Protocollo trasporti" della "Convenzione Alpina" e neppure logiche di economicità, visto comunque la riduzione dei Tir in transito attraverso le Alpi in questi anni, a dispetto di certe previsioni del passato. Ma non sempre la logica di certe "grandi opere" è il buonsenso, ma la benzina è ben altra... Per altro, quei soldi per il raddoppio del Traforo verranno computati in capo alla Valle d'Aosta e quindi quella cifra così cospicua escluderà altri interventi necessari su strada - e sulla Statale 26 le urgenze non mancano, come la "Montjovetta" - e ferrovia, che sarà pure Cenerentola, ma norme applicative dello Statuto pretendono una soluzione per il suo ammodernamento. Insomma, come sempre, la palla è nelle mani della politica e del tanto citato "bene comune", che non è alla fine un'invenzione di oggi, ma ne parla pure Dante Alighieri nel suo "De Monarchia". In tempo di mafie varie, compresa quella di Roma Capitale (con incredibile norma costituzionale, l'articolo 114 della Costituzione!), certi valori spiccano come gemme purissime.