Penso di essere una persona mediamente informata e dunque piuttosto consapevole di quel che mi capita attorno. Ho seguito di conseguenza lo svilupparsi del famoso "Expo 2015", l'esposizione universale e devo dire che non ho le idee molto chiare sull'esatta utilità che avrà questa manifestazione assai costosa, tanto da attirare mosconi corrotti, come si è visto. Ma deve essere colpa della mia ignoranza, perché i meglio informati invece spiegano che è un affare colossale, che aiuterà la ripresa dell'Italia e i milioni e milioni di turisti previsti daranno una sterzata decisiva. Tutto questo proprio quest'anno da maggio ad ottobre: quindi non sono promesse nel vento, ma speranze realizzabili nel breve periodo e non c'è troppo da aspettare. Resto dubbioso, ma la macchina ormai è così lanciata che bisogna prenderne il bene, visto che non la si può fermare.
Qualche tempo fa avevo scritto nella rubrica quotidiana di un approfondimento che avevo fatto per capire almeno il contesto internazionale della manifestazione. E così commentavo: "Sono finito sul sito - facile da rintracciare e in versione solo bilingue francese-inglese (pochino per chi si occupa di una dimensione universale) - del "Bureau International des Expositions", che ha sede a Parigi e che è nato, sulla base di accordi internazionali, nel 1928, diventando funzionante nel 1931. Mi permetto di osservare che sono date mica tanto fortunate fra la crisi di Wall Street e il misto di vicende che porteranno agli orrori della Seconda guerra mondiale. Lì sul sito trovate tutto quel che ci vuole per acculturarsi, in un corso accelerato che spazia dal primo "Expo", che viene considerato quello di Londra del 1851, sino alla candidatura in corso per il 2020, che se ho ben capito - cartina di tornasole delle contraddizioni mondiali - se la stanno giocando Dubai per gli Emirati arabi, la russa Ekaterinburgk negli Urali, Izmir in Turchia e San Paolo in Brasile. L'Occidente in crisi mi pare che si tenga alla larga, ma è un'impressione superficiale. Noto, in seguito, che sul sito i casi della vita fanno sì che si mischi l'imminente sede di Milano con la sede in preparazione del 2017, Astana, Kazakistan, l'ex Repubblica dell'Unione Sovietica, oggi sotto il pugno di ferro di Nursultan Nazarbayev. Anche qui il destino è beffardo, della serie destini incrociati. A che cosa servirebbe l'Expo lo dice, in sintesi, l'organizzazione internazionale che se ne occupa. Leggiamo: "D'abord outils au service de la promotion de l'identité nationale, du progrès industriel et des consommateurs éclairés, les Expos sont devenues aujourd'hui une plate-forme unique pour le dialogue international, pour la diplomatie publique et pour la coopération internationale. C'est le seul événement international de cette envergure dont les règles sont approuvées par les gouvernements des pays membres de l’organisation. L'unicité des Expos repose sur trois piliers: leur portée universelle, leur échelle internationale, leur legs culturel et urbain durable. En conséquence, les Expos offrent aux visiteurs une véritable expérience transformationnelle, permettent un dialogue sans cesse renouvelé avec les citoyens et contribuent au renforcement de la coopération entre les pays". Capisco che è come chiedere all'oste se il vino è buono, ma direi che le ragioni sono esposte correttamente, a parte qualche espressione genere "expérience transformationnelle", che non so bene che cosa possa essere. Io mi sono formato, scartabellando i "pro" e i "contro", un'opinione nuda e cruda: il "Bureau" è un gigantesco ente inutile e l'Expo un retaggio del passato, che oggi serve ad alimentare costose e spesso inservibili opere pubbliche". Sarò pure malfidente e fuori dalle logiche così vaste e promettenti, ma mi auguro davvero di non essere un uccello del malaugurio. Ho l'impressione che le ferite italiane siano così profonde che per rimarginarle bisogna fare un passo dietro l'altro ed evitare avventure rischiose. Oggi l'Expo, domani la candidatura olimpica di Roma, mentre lo Stato Sociale svapora.