Fa impressione che ogni anno, in una sequenza ripetitiva, sia costruito come se fosse uno scheletro fatto di ossa che lo tengono in piedi. Anche nella piccola Valle d'Aosta ciò avviene con date sul calendario che punteggiano la vita della comunità, delle famiglie e di ciascuno di noi. Per altro, per quanto i miei tempi siano ormai scanditi da un'agenda elettronica che regola il mio trascorrere del tempo e la sua organizzazione (ritrovo vecchie agende e mi paiono teneramente antiquate), mantengo a lato della mia scrivania un calendario che dà visivamente questo senso di un'esistenza che passa a "passo di bersagliere" da festività, ricorrenze, eventi ripetitivi e in fondo rassicuranti come se fossero stazioni di una metropolitana che prevedono arresti durante il percorso.
Questa visione prospettica e routinaria connota il mio lavoro attuale, che consiste nella definizione dei contenuti annuali di palinsesti radiofonici e televisivi della programmazione regionale e dunque mi tocca guardare più avanti di quanto si faccia normalmente. In modo simile alla tecnica del time-lapse (che poi somiglia negli esiti all'"effetto Ridolini"delle comiche della mia infanzia), nella quale la frequenza di cattura di ogni fotogramma fanno sì che gli eventi ripresi scorrano più velocemente del normale, mi trovo dunque in questi mesi dell'anno a star dietro a Natale, cui seguono le grandi "Fiere di Sant'Orso" di Donnas e Aosta e poi arriva il Carnevale, tutto accelerato. In realtà con il tempo ci si accorge proprio con il Carnevale di come la sua presenza sia, nelle parti della Valle d'Aosta dove lo si festeggia, qualcosa di molto più latente del periodo incastonato nei giorni mobili che precedono la Quaresima, legata a sua volta agli spostamenti della Pasqua. Perché già attorno all'Epifania, per non dire dei lunghi lavori sotterranei preparatori nei mesi precedenti, si manifestano i primi momenti conviviali del Carnevale, che come noto viene dall'espressione in latino "carnem levare, eliminare la carne", poiché indicava in origine il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale ("Martedì grasso"), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. Ovvio come la componente giocosa e trasgressiva, ben precedente al cristianesimo, sia poi brillantemente confluita a compensazione del periodo quaresimale e la sua componente penitenziale sin dai precetti di rinunzie alimentari in contrasto con i bagordi carnevaleschi. Ha scritto lo storico e antropologo Piero Camporesi: «Festa di contestazione, di rottura, di rigenerazione sociale vissuta in un tempo ciclico di morte e di resurrezione, d'annientamento e di rinascita, il Carnevale esprime anche la voce dei gruppi sociali inferiori e l'opposizione della cultura popolare alle forme e alle immagini della cultura ufficiale». Io quest'anno, per i settant'anni del Carnevale di Verrès, ci sarò vestito da Pierre d'Introd 49esimo, anche se poi questo Pierre non era proprio uno stinco di santo. Questo Carnevale storico, nato nel dopoguerra nel 1949, iniziò la sua vita sotto il maniero medioevale nello slancio vitale di quegli anni. Ciò avvenne in un paese dall'impronta industriale segnata da ondate di immigrazione che avevano bisogno di un collante sociale come elemento aggregante e di integrazione e il Carnevale storico lo è stato potentemente. Oggi quel Carnevale, che cova tutto l'anno come fuoco sotto la cenere si manifesta in un crescendo che proprio dai primi giorni dall'anno culmina nel periodo canonico, vive negli ultimi anni momenti di riflessione sul futuro, perché nulla è immutabile. D'altra parte se è vero che proprio il Carnevale celebra le gesta quattrocentesche di Catherine di Challant, Contessa anticonformista per l'epoca e impegnata in una lotta dinastica coi Savoia proprio perché come donna gli veniva negato l'ereditarietà del titolo, come non riflettere su un fatto. Mi riferisco al motto della famiglia Challant era nella sua versione breve «tout est et n'est rien», che dovrebbe essere estensivamente «tout est monde et le monde n'est rien». Un calembour che alla fine suonò come funebre per una famiglia, estinta nel 1802, dopo poco meno di quattro secoli di una storia ricca di prestigio e di potere. Ma questa logica quasi beffarda è davvero ispiratrice del Carnevale nelle sue continue trasformazioni e nel suo essere un momento di rottura festosa e colorata sopra il calendario della nostra vita.