Conoscendo il protagonista, si sa bene che la vicenda potrà arricchirsi di colpi di scena. Mi riferisco alla storia di Francis Desandré, 47 anni, di Quart, che è anzitutto quella di un incidente sul lavoro, senza il quale non saremmo qui a discutere del caso. Era il 1989, quando per una serie di sfortunate combinazioni, quando era ancora un ragazzo, finì sotto uno scavatore su di un cantiere ad Aymavilles e perse la gamba destra sotto il ginocchio. Francis, che è mio amico da tanti anni, ha sempre vissuto con assoluta naturalezza questa sua disabilità, affrontando la vita con il sorriso e con determinazione. Lo ha con la giusta dose di anticonformismo e di parlar franco.
Non ero rimasto stupito, mesi fa, della sua decisione di correre il "Tor des Géants", la massacrante corsa a piedi in montagna, definita per lunghezza e altimetria (330 chilometri e 24mila metri di dislivello positivo) la più dura del mondo attraverso i sentieri che costeggiano i 4.000 valdostani. Il coup de théâtre rientrava nel suo personaggio di "testa matta" (e dura...), pronto come ha fatto ad infilarsi in un'avventura che era poi un modo per ricordare - in puro spirito paralimpico - che anche i diversamente abili devono poter dire la loro nello sport. Spesso si ricorda la frase - utile per uscire dalla definizione: handicappato, disabile, diversamente abile... - del tostissimo Alex Zanardi (pilota automobilistico che perde entrambe le gambe in un incidente in "Formula Cart", negli Stati Uniti, nel 2001) in occasione delle "Paralimpiadi" di Londra 2012: «Chiamateci come vi pare. Ma per favore ammirateci». Aggiungendo per rinforzare il concetto: «Ci avete mai pensato? Tutto è relativo, nelle nostre esistenze. In fin dei conti, ognuno di noi deve trovare in sé stesso le motivazioni per rendere migliore la vita. La propria e quella degli altri». Ricordo che Zanardi di recente ha fatto un ottimo risultato - nientepopodimenoché - nella leggendaria "Kona", nel campionato del mondo di "IronMan Triathlon", correndo con - orribile definizione- i normodotati. «La montagna è una passione - spiegava di recente Desandré a Silvia Savoye – che è nata all'età di 14 anni, quando aiutavo mio padre in alpeggio facendo il mulattiere sotto Cuney. L’amore per il "Tor" è arrivato invece fin dalla prima edizione, quando il mio vicino di casa ha iniziato a prendervi parte e io a seguirne da vicino le gesta, di lui e di altri amici». E' vero che il "Tor" ha avuto in Valle un carattere virale. Così, con evidente autoironia, è partito il progetto - con tanto di sito "Gamba in spalla". Ma, di recente, un incontro a lungo atteso con gli organizzatori del "Tor" è finito male, nel senso che - specie per problemi di sicurezza, come mi ha spiegato Francis - il "Tor" non potrà correrlo e dunque niente "wild card" (speciale invito a disposizione degli organizzatori per esserci). Neanche, come pensava, facendo magari solo un piccolo pezzo del percorso, con tutte le cautele e aiuti del caso, completando il percorso macinando una tappa alla volta in questa e nelle edizioni prossime. Contava Francis sulla forza del messaggio, sapendo che è più importante che qualcuno gareggi piuttosto che avere i disabili messi come belle statuine alla partenza delle gare o a bordo campo in certe competizioni. Ma Francis non demorde e sul suo blog ha lanciato - con un successo che impressiona - una petizione online per chiedere al ministro del lavoro e delle politiche sociali, all'Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, al "Comitato paralimpico italiano", alla "Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali" e alla "Uisp", di intervenire. Io la firmo e gli ho espresso la mia simpatia nella speranza che cavi il ragno dal buco.