E' stato un curioso incrocio di anniversari quello di cui mi sono occupato la scorsa settimana, assieme a Marco Jaccond, artista e intellettuale eclettico, a chiusura di tre settimane di diretta radiofonica nell'ora di trasmissione di "RaiVd'A". Dopo due giorni dedicati alla Prima guerra mondiale, è stato il turno dei 150 anni dalla conquista del Cervino e infine ci siamo occupati del mezzo secolo dall'apertura del Traforo del Monte Bianco. A dimostrazione che tutto si piglia, si possono mettere le date nel frullatore della Storia e scoprire alcuni link. Potremmo partire dalla prima delle date in ordine cronologico: il 1865. Siamo nei primi anni dell'ancora incompleta unità d'Italia e la salita del Cervino è una delle tappe intermedie della storia dell'alpinismo. Una specie di "punto e a capo" per una montagna sino ad allora non ancora conquistata, malgrado nel secolo precedente l'illuminismo avesse svelato le Alpi e dato il via all'alpinismo scientifico, pian piano trasformatosi in alpinismo sportivo.
Ma soprattutto dal cosmopolitismo ancora vivo nel Settecento si passa - complice il Romanticismo - alla spinta nazionalista, che è certamente il motore, lato italiano, della voglia di salire per primi sulla "Gran Becca", frustrata dal quel personaggio che fu Edward Wimper, che nel luglio di 150 anni fa salì per primo la vetta con le guide di Zermatt. Nella discesa, già metafora delle sciagure che mezzo secolo dopo sarebbero rovinate sull'Europa, quattro vallesani perdono la vita in circostanze che mantengono un alone di leggenda. Già il caso vuole che il primo mezzo secolo dalla conquista coinciderà con la Grande Guerra e i giovani valdostani dell'epoca in quei giorni di celebrazione erano sull'Isonzo a scoprire gli orrori delle trincee. Ma nell'andirivieni del tempo possono essere trovate molto indietro la radici del traforo del Monte Bianco. Ricordo pagine esemplari sul punto del geografo Paul Guichonnet, che se esistesse, come sognava Emile Chanoux, una "République du Mont-Blanc" ne sarebbe Senatore a vita per il suo amore per questa nostra zona alpina, intrecciata nei millenni e neppure Stati e frontiere hanno fatto venir meno antichi sentimenti e pure la logica dell'economia di vicinato. Ebbene, il Comune di Courmayeur nel 1814, quando Chamonix apparteneva a Casa Savoia, chiese a gran voce di avere una galleria sotto il Monte Bianco. E da lì comincia il saliscendi della sua possibile realizzazione fra aspetti tecnici e politici. Ma questa idea, in nome della ferrovia come quintessenza della modernità, sbatte contro il muro di altre realizzazioni. Cavour preferisce il Fréjus, poi arriva il Sempione ed il Bianco è nuovamente sconfitto. Poi spunta l'ipotesi svizzera di un tunnel fra Aosta e Martigny, cui fa da contraltare un progetto italiano, che spinge i francesi a ripensare al tunnel ferroviario del Bianco. In seguito il micidiale uno-due: la Prima Guerra mondiale (vedete un altro nodo) e poi l'avvento del fascismo, quando però la ferrovia declina in favore di un traforo stradale. Ma la Guerra mondiale paralizza tutto e purtroppo il Monte Bianco diventa scenario di guerra con la quella "pugnalata alla schiena", mentre i francesi erano aggrediti dai nazisti, che causò tanto dolore nei valdostani costretti a combattere contro i cugini savoyards. Il dopoguerra rimargina le ferite e rilancia il collegamento stradale perché le ferrovie sono in crisi (oggi attraverso le Alpi siamo di nuovo all'inverso!), che si realizza negli anni Cinquanta con l'apertura nei cantieri e nel 1965 (quando per il Cervino scatta il secolo dalla prima salita sino alla cima) si inaugura il tunnel fra grande giubilo. Anche se in quei momenti la spinta europeista del "Trattato di Roma" del 1957 subiva già palesi rallentamenti. In quel caso, posso dire che «io c'ero», nel senso che a poche settimane dall'apertura ci fu la prima gita attraverso la galleria ed ho un'immagine sfocata di me, seduto sul sedile dietro, che trattengo il respiro - una volta entrato nel misterioso buco - il viaggio sino a Ginevra. E poi da bambino ho visto quell'autostrada che da Torino nel 1958 è salita sino al Bianco nel 2007. A questo in fondo servono gli anniversari: a seguire i fili degli avvenimenti della "Grande Storia" per capirne le diramazioni e gli esiti e la comprensione di certi fatti del passato è molto difficile capire il presente.