E' sempre divertente comparare come a fronte delle stesse domande ognuno - a dimostrazione che, almeno per ora, nessuno è clone di un altro fra noi esseri umani - risponde in modo diverso. L'ultimo caso, nelle quattro settimane di trasmissioni estive che ho fatto per "RaiVd'A", ha riguardato due domande standard, che hanno coinvolto ben più di cento persone, espressione varissima della società valdostana. La prima era: evocate un'estate della vostra infanzia, concetto - quello di infanzia - che ha oscillato fra la memoria di ricordi lontanissimi, davvero i primi della propria vita fino all'adolescenza. Per altro ci accorgiamo tutti che certe categorie rappresentative dell'età e dei relativi comportamenti sta subendo stravolgimenti mica da ridere.
La seconda domanda: segnalate un luogo del cuore anche a beneficio dei turisti. Verrebbe voglia, ma non sono tempi in cui si può fare, di realizzare un volumetto, magari con il compact disc delle voci registrate, perché da un lato hai ricordi che con intensità restituiscono fotografie del passato, spesso comuni a molti di noi, dall'altro invece hai spunti per visite davvero originali sul territorio valdostano, a dimostrazione che un piccolo ambiente geografico alpino può offrire spunti interessanti. Ovviamente in certi casi ho interloquito aggiungendo qualcosa, se utile all'equilibrio della trasmissione, o con domande apposite o con commenti: il ruolo presuppone di evitare di essere "bella statuina". Devo dire, però, di non aver svelato la mia risposta alle due domande che ponevo agli altri. Lo faccio qui, ma nel solco di qualcosa che chi mi segue con fedeltà (a proposito: grazie!) magari sa già, perché può capitare che nella presenza quotidiana ci sia qualche elemento di ripetitività, perché posso tornare sopra a qualcosa di già detto. Risposta numero 1: la montagna delle vacanze dell'infanzia è stata fino a un certo punto Pila per via di una vecchia tradizione di una baita affittata da una zia paterna, Eugénie, poi la località è diventata Champoluc, dove sin da ragazzino ho avuto clamorosi spazi di libertà grazie alla fiducia dei miei genitori, che pure costrinsero alla sorveglianza mio fratello Alberto, di cinque anni più vecchio di me. Ma se dovessi fissare un luogo clamoroso dell'estate al mare, senza citare l'Imperia di tutta la mia infanzia, dai sei mesi per almeno venticinque anni, è - da ragazzino - la scoperta dell'incredibile e montuoso entroterra ligure. Con un luogo fra tutti: i laghetti di Lecchiore nella Val Prino, posto incredibile - che non ho più rivisto - con acque limpide e gelide in un ambiente degno di "io Tarzan, tu Jane". Risposta numero 2: qui resto in Valle d'Aosta e segnalo - giocoforza - proprio la Val d'Ayas, segnalando tutta la zona nota come "Crest", d'estate e d'inverno (con la neve primaverile trasformata ho girato la conca in lungo e in largo, anche con pendenze mozzafiato!), cioè quello che per la cartografia è il vallone di Cunéaz dal nome dell'antico villaggio, dominato dal "Testa Grigia" e sopra Champoluc. Ma l'affezione vale anche per il parallelo vallone di Mascognaz, che consente anche di passare, attraverso il "Colle Palasina", nella zona sommitale degli straordinari laghi di Brusson. Confesso che potrei segnalare almeno qualche altra decina di luoghi del cuore in altre zone della Valle d'Aosta, di cui non finirò mai di cantare le lodi non per una forma di nazionalismo retorico e vieto, ma perché sono stato fortunato a essere nato e a vivere in questo piccolo pezzo di Alpi, che ha un territorio forgiato da un'avvincente storia naturale e umana. C'è una bella riflessione di Laurent Ferretti, che scrisse: «Cependant dans la plupart de nous, il y a aussi une composante, un peu mystérieuse, cachée dans le plus profond de nous-mêmes. Il s'agit d'un petit ou d'un grand sentiment qui nous aide et nous facilite dans le choix... Il est parfois incertain, obscur, alternatif et contradictoire. Il s'agit de l'amour du Pays».