Tocca, specie nei momenti difficili, quando ci si interroga sulle conseguenze di certi eventi che preoccupano, guardare la situazione con un necessario distacco per scegliere, se possibile, la strada migliore per uscirne. Ha ragione, anche se il processo non è facile da praticare, Albert Einstein, quando diceva: «Parlare di crisi significa promuoverla; non parlarne significa esaltare il conformismo. Cerchiamo di lavorare sodo, invece. Smettiamola, una volta per tutte, l'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla». Personalmente odio fatalismo e rassegnazione. Ci vorrebbe la parte poetica, insita nella definizione usata da Erich Fromm, sociologo e psicoanalista impegnato per alcuni anni sul fronte politico negli Stati Uniti, per affrontare - come da titolo di un suo celebre libro - la differenza posta in un interrogativo fra «Avere o essere?».
Così scriveva in una frase sintetica: «Un "Avere" deve possedere un fiore, lo coglie, lo fa suo. Un "Essere" ne contempla la bellezza, godendo di questo, percependolo per immaginare altri orizzonti». In "Avere" Fromm, con il suo socialismo umanista pieno di buoni propositi, fissava un modello tipico della società industrializzata, costruita sulla proprietà privata e sul profitto. Ciò portava ad identificare la vita con la categoria dell'avere, vale a dire del possesso. Io sono le cose che posseggo, se non ho nulla, allora la mia esistenza viene negata. Per cui - ovvio il paradosso - è come se le cose... possedessero l'uomo. L'"Essere" - nella visione ingenua e utopista di Fromm - è l'alternativa: quella che l'esistenza dell'uomo abbia come presupposto la libertà e l'autonomia a beneficio di una crescita che valorizzi la propria interiorità. Di conseguenza la persona, in questa sua forma sarebbe protagonista nella vita, stabilendo rapporti di pace e di solidarietà con gli altri. Certe speranze non fanno male ad una mosca rispetto a molte ideologie, che invece avvelenano il mondo. Mi veniva in mente questa vecchia distinzione, pensando alla Valle d'Aosta e a questa necessità di conciliare "avere" ed "essere" da applicarsi ad un idem sentire senza il quale saremmo niente altro che degli apolidi. "Avere" è il sistema Autonomistico come derivante da norme di legge, fondato su uno Statuto speciale con le sue norme di attuazione e gli spazi legislativi ed amministrativi che discendono da poteri e competenze proprie, derivanti da principi di autogoverno, pur sempre "minacciati" da logiche statuali ed "invasioni" di campo del diritto comunitario. "Avere" che significa anche averi, cioè i soldi necessari per far funzionare bene la macchina e poter realizzare quanto necessario per il benessere dei propri cittadini. Ma esiste anche l'"Essere" e questo significa consapevolezza dei cittadini sulle ragioni che fondano l'"Avere": scelta che è qualcosa di più intimo e profondo. Può essere, nella versione minimale, la semplice cittadinanza rispettosa e informata della situazione o anche, per chi lo voglia, una scelta identitaria di appartenenza intenzionale e attiva. Da questa tensione derivano le ragioni di un immaginare l'orizzonte, anzi un "altro" orizzonte, come lo chiamava Fromm, e cioè non limitarsi a vivere il presente, ma guardare avanti a beneficio di noi stessi e delle future generazioni. E' un modo serio per decidere coscientemente che cosa fare per evitare quanto di peggio possa esistere: la logica della paralisi del «così è!» o del «che si fa?» a fronte delle difficoltà che causano una crisi.