Non si sa mai se parlare prima, quando si tratta di materia elettorale, della forma o della sostanza. Cominciamo dalla forma con un riassuntino: dopo che la Consulta ha smontato per l'ennesima volta la legge elettorale in vigore perché incostituzionale, appurato anche che il Senato attuale restava vivente dopo il "no" popolare alla riforma costituzionale di Matteo Renzi, spettava al Parlamento dare le regole per il voto per le Politiche di primavera. Si è a lungo cincischiato, malgrado apparisse periodicamente lo spauracchio delle elezioni anticipate, e benché - come noto - non si sarebbe potuto votare, pena il caos, con il sistema derivante dai "ritagli" sulla normativa vigente operati dalla Corte Costituzionale. Poi, nelle scorse ore, si è partiti alla carica come i bersaglieri, con il "Rosatellum bis" o "2.0", con l'uso ridicolo di un latinismo senza un perché.
E' questo il testo della riforma elettorale per i due rami del Parlamento sottoposto all'esame dell'aula della Camera, dopo essere stato approvato in sede referente dalla commissione Affari costituzionali lo scorso 8 ottobre. "Rosatellum" - sprofondiamo nel grottesco - dal nome del capogruppo del Partito Democratico a Montecitorio, Ettore Rosato, "bis" o "2.0" perché si tratta di una nuova versione rispetto a quella presentata nella passata primavera. Si tratta di un sistema elettorale misto, quindi in parte maggioritario e in parte proporzionale, che non mi metto ora ad illustrare. Perché forma e sostanza si mischiano intanto in un passaggio: quello della scelta sciagurata (la seconda volta di Renzi, anche se questa volta l'ha posta obtorto collo Paolo Gentiloni) di porre la fiducia in una materia delicata come quella elettorale. Scelta antidemocratica che trasforma, in una questione che andrebbe condivisa e discussa, il Parlamento in uno zerbino del Governo. La scusa è che bisogna in fretta, dopo che per mesi si è perso tempo. Dunque tesi bizzarra e risibile. Sulla "fiducia" traggo un pezzo dalla "Treccani" per ricordarne la ratio: «Per quanto riguarda l'esperienza italiana, i mezzi attraverso cui verificare la sussistenza del rapporto di fiducia, oltre al voto di investitura fiduciaria (detto anche mozione di fiducia), sono la questione di fiducia e la mozione di sfiducia. La differenza tra essi sta nel fatto che, mentre la mozione di sfiducia, come la mozione di fiducia, è un atto parlamentare (può, cioè, essere presentata soltanto da parlamentari), la questione di fiducia è un atto governativo (può essere posta solo dal Governo). Per quanto riguarda la questione di fiducia, la Costituzione vigente, a differenza di quel che accade in altre esperienze europee (articolo 68 Legge fondamentale Germania 1949; articolo 49, comma 3, Costituzione Francia 1958; articolo 112 Costituzione Spagna 1978), non fa riferimento in alcun modo ad essa, previsto nei soli regolamenti parlamentari (articolo 116 regolamento Camera; articolo 161, comma 4, regolamento Senato). Tale questione può avere ad oggetto ogni atto che impegni la responsabilità politica del Governo (un disegno di legge, una mozione, una risoluzione, eccetera). In linea di massima, la questione di fiducia viene utilizzata durante il procedimento legislativo, quando il Governo intenda imporre alla maggioranza il proprio indirizzo o superare le pratiche ostruzionistiche: infatti, quando viene posta una questione di fiducia, tutti gli emendamenti presentati decadono e si vota soltanto sul testo presentato dal Governo. Va sottolineato, tuttavia, che l'abuso di questo strumento, soprattutto nell'ultimo decennio, comporta il rischio di ridurre eccessivamente il dibattito parlamentare». Gli ultimi Governi, nel solco di quelli precedenti, hanno accentuato l'uso, specie mettendo assieme un utilizzo eccessivo dello strumento del decreto legge sommato al voto di fiducia come passepartout per evitare emendamenti e dibattiti. Nel merito della nuova legge, che appunto nascerà a colpi di fiducia, va detto che si può dire che sarà un caos che dà la scelta degli eletti, con soluzioni confuse, ai partiti con "nominati" che saranno poco liberi e scelti dalle Segreterie e non dai cittadini. Democrazia a sovranità limitata. Per la Valle d'Aosta - grazie a San Statuto Speciale - restano i due collegi uninominali all'inglese: a meno di sorprese nascoste nel testo resterà un esempio di democrazia...