Esplode come una bomba e figura oggi sulle pagine dei giornali nazionali l'inchiesta sui famosi 25mila euro in contanti rinvenuti dentro la scrivania del presidente della Regione nell'ufficio al secondo piano di piazza Deffeyes ad Aosta. Secondo la Magistratura potrebbe trattarsi, ma per ora siamo solo all'avviso di garanzia, di una sorta di macchinazione calunniosa ordita contro l'ex presidente Augusto Rollandin, che sembrava poter essere il proprietario di questa somma "dimenticata" (frutto - ipotizzava qualcuno - di chissà quale maneggio) al momento in cui lasciò il posto al suo successore, Pierluigi Marquis. Ora invece è lui ad essere sospettato di calunnia - accusa respinta con sdegno - assieme al suo segretario particolae Donatello Trevisan ed all'esponente politico della Stella Alpina Marco Viérin, che - a vedere come le cose cambiano - nel 2006 corse per il ruolo di deputato proprio con Rollandin che era invece candidato per il Senato. Entrambi furono sconfitti.
Sul caso - da me riassunto come da cronaca giornalistica - si aspettano ricostruzioni chiare, visti i contorni da spy story, ed eventuali esiti processuali che metteranno a posto i pezzi sino ad ora mancanti. Resta un clima greve più in generale della politica valdostana: parafrasando il celebre "De bello Gallico" (in latino "Sulla guerra gallica"), lo scritto più conosciuto di Gaio Giulio Cesare, vorrei dirvi il perché non avevo l'intenzione di occuparmi più di tanto del "De Bello Valdostano", combattuto con alterne vicende nel corso di questa Legislatura in Consiglio Valle. Avendo purtroppo un carattere schietto e la lingua talvolta troppo tagliente (e forse anche lunga), non mi sarebbe risultato difficile situare personaggi e forze in campo in un quadro suggestivo di riferimenti politici e non solo. Come nella telecronaca di una partita di calcio si sarebbero potute raccontare gesta ed acrobazie e persino cambio di maglie e confusione fra amici ed avversari in un continuo turbinio che renderebbe difficile capirci qualcosa. Ci sono procuratori, ingaggi, ambizioni, allenatori e via di questo passo, in un intrico che meriterebbe inchieste approfondite da parte da parte del commissario Jules Maigret. Quel che è certo però è che la morta è vieppiù la Fiducia, che resta - come da vecchio slogan pubblicitario - «una cosa seria» e si dà alle cose serie. Per altro, fuor di finzione e di battute, ci sono appunto vicende giudiziarie vere - uso purtroppo il plurale - degne proprio dell'acume investigativo del celebre personaggio di Georges Simenon che stanno rendendo e temo renderanno un po' più noir il quadro delle vicende. Sempre con la sacrosanta presunzione di innocenza, ma già prima delle sentenze tocca ragionare sullo stato dell'arte proprio per evitare generalizzazioni se non volgarizzazioni. Non voglio di conseguenza - sia chiaro il punto - fare di ogni erba un fascio, come si può essere tentati se si decide di cavalcare facilmente l'antipolitica e l'antiparlamentarismo. Ci sono ottime persone dappertutto ed è a loro che bisogna fare riferimento per evitare che una fatwa verso tutta la politica generi mostri. Perché di questo si tratta, se ci si astrae per un attimo da vicende varie che sembrano uscite da un romanzo d'appendice. Ma, cercando di volare alto, scrutando il campo di battaglia resta un'impressione su tutte: come certe inchieste più o meno gravi, così come continui avvicendamenti nei ruoli degne di un feuilleton, stiano incidendo malissimo nel corpo elettorale o meglio nei cittadini valdostani, che sono frastornati e in fondo poco interessati da chi salga e chi scenda nel "vippometro". Ma certo pretendono chiarezza. Se già l'astensionismo è un male che la Valle condivide con le democrazie occidentali, certi avvenimenti nella politica e nei suoi dintorni - che pure potranno alimentare voti di protesta, che sono legittimi - spingeranno sempre più verso la peggiore delle conseguenze possibili: il disimpegno e il mantra della politica, che passerà di bocca in bocca, come un gioco affaristico e sfogo ad ambizioni di potere che, pur di salire sempre più in alto, spingono le persone al cannibalismo politico. E anche, va aggiunto, ad alzare a dismisura i toni, facendo carne di porco di ogni rispetto reciproco e di buona educazione, con lesione non solo dei rapporti interpersonali - nel giochino cangiante "amico - nemico" appena gira il vento - ma anche del rispetto delle Istituzioni. Le Istituzioni dell'Autonomia sono molto fragili, specie nel rapporto con l'esterno, visto che sono tante le evidenze che dimostrano come la Specialità rischi grosso tra le entrate a gamba tesa di Roma, dove cresce l'idea che siano cascami di un passato ormai sepolto e Bruxelles che nella crisi catalana ha dimostrato come certi temi siano tabù e gli Stati a casa loro possano fare e disfare come vogliono. Ma la fragilizzazione diventa ancora più pericolosa se anche dall'interno ci si comporta come elefanti nella cristalleria o come Tarzan nella giungla passando da una liana all'altra. Bisognerebbe avere - lo dico anzitutto a me stesso - senso delle Istituzioni, che sono a garanzia della democrazia, che è certo alternanza ma non a balzelloni e valutando anche circostanze in cui dovrebbe sparire il gioco degli opportunismi. Lo stesso vale, in modo più particolareggiato, per il famoso "Rassemblement" che non so come andrà nella versione ridotta Union Valdôtaine - Union Valdôtaine Progressiste. Ritengo questo passaggio per quanto avvenuto un'occasione perduta, perché nel mirino non c'è mai stato un grande disegno politico, ma la nascita di una nuova Giunta pre-elettorale ed un patto per raggiungimento alle elezioni regionali del 42 per cento dei voti per far scattare qualche consigliere in più come premio di maggioranza, che non solo mirerebbe alla stabilità di Governo ma servirebbe anche per ridurre la moria di consiglieri regionali conseguenza dei repentini cambi di posizione. Penso tuttavia che la strada - accertate anche le vicende che rischiano di ingenerare sfiducia nella sfiducia - di una riaggregazione dell'area autonomista sia da perseguire su altre strade, mai dando l'impressione che sia una specie di guerra infinita - una faida fatta di alti e bassi - fra Capuleti e Montecchi. La posta in gioco è ben più alta in un momento storico che dovrebbe prevedere di non fare come i lottatori di catch che si aggrovigliano nella melma e guardare invece e davvero a come sciogliere i nodi delle diverse crisi che si stanno coalizzando contro la merce più preziosa: la credibilità.