Continuano i commenti e le interpretazioni sul voto in Sicilia, direi persino con spazi eccessivi rispetto al necessario, ma che forse dovrebbero far capire agli anti-regionalisti incalliti ed oggi di gran moda che la Repubblica è fondata in Italia su una logica di aggregazione, che mal si adatta a visioni "nazionalistiche". Sarà anche per una questione anagrafica - lo devo ammettere - ma a me questa storia della "rottamazione" inventata dal giovane (anni 42...) Matteo Renzi non ha mai convinto. Anzitutto perché dal punto di vista lessicale la parola è orrenda, poi perché la parabola finale cui si sta assistendo è che il rottamatore per eccellenza - salvo capriole dell'ultima ora - si troverà rottamato, come da profezia di Eugenio Scalfari domenica scorsa, perché se non capirà per tempo l'antifona di una Sinistra unita - facendo il dovuto passo indietro - dovrà chiudersi nel buen retiro del suo paese, Pontassieve.
Pensando alla sua riforma costituzionale, in nuce autoritaria e certo anti-regionalista, personalmente non avrò alcun rimpianto, se non quello di avere avuto per qualche momento - anni fa - l'idea che avesse davvero in testa un progetto di modernizzazione, ma non era una stella fissa nel firmamento, ma piuttosto una stella cadente. E così «chi di spada ferisce, di spada perisce», per cui il "caso siciliano" e le imminenti elezioni Politiche - come da "legge del contrappasso" - vedono emergere Silvio Berlusconi, classe 1936, che aggiunge un pezzo di cammino verso lo sfasciacarrozze per Renzi, mentre lui resta un arzillo vecchietto che continua nella sua implacabile capacità di "pifferaio magico". A "rottamare" Renzi si stanno coagulando anche gli esponenti del Partito Democratico, "cacciati" uno ad uno dal loro partito - ieri Mattia Feltri su "La Stampa" nella sua rubrica quotidiana li citava, appunto, uno ad uno - perché considerati inutili, perché considerati decrepiti e, nella furia di potere, sono finiti anche Enrico Letta e Pippo Civati che non sono proprio "Matusalemme" (1966 l'uno, 1975 l'altro). Questa politica di divisioni ha fruttato, come dicevo, la rinascita del centrodestra, anch'esso lacerato da mille divisioni, ma per ora uniti dalla legittima voglia di governare e stretto attorno a questo "Manitù" di Arcore che risorge dalle sue ceneri con cadenza periodica. Lo dico in modo dolente, considerando per altro l'evidente paradosso di un Renzi che talvolta è sembrato un Berlusconi giovane, ma senza quella furbizia che ha consentito al Cavaliere di farsi strada fra le mille insidie di una vita imprenditoriale e politica assai discussa e discutibile. Il giovanilismo renziano si è scontrato per altro contro alcune realtà. La prima è l'invecchiamento degli italiani e questo dato demografico dovrebbe essere tenuto in considerazione prima di dire «via tutti i vecchi», trattandosi di calcio nel sedere a una parte eminente dell'elettorato, lo stesso a cui si situa il pensionamento a 67 anni ed ancor di più. La seconda è - come hanno cercato di spiegargli in molti - è che il mix vincente è il trasferimento di competenze fra persone più esperte e meno esperte, come dimostrato dai disastri combinati da molti dei "Renzi boys" del famoso e per lui letale "Giglio magico", per cui essere toscani era diventato un prerequisito. La terza è che il rinnovamento non è solo una questione anagrafica, ma di qualità delle persone e chiunque abbia vissuto una vita normale sa bene che si può essere cretini a qualunque età. Ferruccio De Bortoli, mandato via dal "Corriere" perché non gradito al "florentin", ha scritto parole di fuoco su di lui, tipo: «Del giovane caudillo Renzi, che dire? Un maleducato di talento. Il Corriere ha appoggiato le sue riforme economiche, utili al Paese, ma ha diffidato fortemente del suo modo di interpretare il potere. Disprezza le istituzioni e mal sopporta le critiche». Vedremo ora cosa capiterà, aspettando la fissazione delle elezioni Politiche, la cui data cambia a seconda delle necessità, prima sembravano imminenti, ora più distanti. Forse l'ultimo errore di Renzi è stato cavalcare una legge elettorale - credo che sia oggi il "Rosatellum 2" - che di fatto, con le simulazioni attuali, risulterebbe letale per gli eletti del PD, compresi quelli che sono stati attaccati al leader come delle cozze nella speranza di godere della sua benevolenza, visto che i parlamentari non saranno di fatto scelti dai cittadini, ma "nominati" dai partiti. Poi ci si lamenta del cavalcante astensionismo...