Torna periodicamente in superficie e da qualche anno è di gran moda in politica - a destra come a sinistra ed è significativo del suo uso plurimo - l'aggettivo "cìvico", che sarebbe letteralmente "proprio della comunità dei cittadini". Deriva dal latino "cīvĭcus, del cittadino", derivato di "cīvis -is, cittadino", che sta alla base dei derivati "cīvĭcus, cīvīlis, civile" e "cīvĭtas, cittadinanza" ed è formato sulla radice "kei, giacere, risiedere", che ricorre nel greco "keîmai" e si ritrova in altre lingue antiche. Insomma è qualcosa di legato al posto di dove si sta: tema dunque che risale al passato remoto e che riguarda le regole da seguire, l'idem sentire, il modo di essere che deriva dal vivere assieme nella comunità. E' quanto deriva, ancora prima che dalle regole del diritto, dal patrimonio comune, che si apprende dall'educazione familiare e dal crescere e vivere assieme.
Oggi il tema si è fatto più vasto, come dimostrato dalle regole sull'ottenimento della cittadinanza in un mondo interconnesso e lo si è visto dalla discussione, diventata tutta ideologica, sullo "ius soli" su cui si è chiusa la Legislatura a Roma. Per un federalista che crede cioè in un mondo che valorizzi la sussidiarietà, sia quella verticale che quella orizzontale, questa idea della persona e del cittadino al centro della politica è fondamentale. Scriveva Alexandre Marc, nell'articolo "Au delà des faux dilemmes: le fédéralisme", per la rivista "L'Europe en formation", nel 1961: «Lo stato, senza maiuscola, deve restare il servitore della società e non deve ergersi a suo padrone. Per questo, è molto importante che la sua statura resti proporzionale ai suoi compiti». Questo concetto è importante ed è la ragione per la quale chi crede nell'Autonomia valdostana si appoggia al federalismo come visione che consente formule di autogoverno senza proditorie invasioni di campo, come sta capitando ad una Valle d'Aosta impoverita nei rapporti finanziari con la Stato e con poteri e competenze in materie proprie "mangiucchiate" da Roma e dall'Unione europea. Eppure, andando ancora più in basso alla ricerca delle radici democratiche, troviamo nei Comuni e nelle organizzazioni a base locale molte ragioni del civismo come motore della partecipazione politica in senso lato a servizio della comunità. Ma al centro della lente di ingrandimento resta il cittadino ed il suo fondante senso civico. Scriveva in un bel libro sulla politica Piero Angela (proprio lui!): «L'attuale disordine nell'osservanza delle regole mina la coesione sociale. Le conseguenze sono uno scarso senso civico, uno squilibrio tra diritti (spesso tanti) e doveri (spesso pochi), un limitato "Senso del Paese", la carenza di valori condivisi, la prevalenza delle parole sui fatti, l'accento sulle responsabilità altrui e non sulle proprie». Ci riflettevo di questi tempi su episodi apparentemente marginali. Penso al degrado urbano che manifesta fenomeni come la distruzione o il danneggiamento di beni pubblici o la mancanza di ogni buonsenso nel rispettare regole elementari nel conferimento dei rifiuti con la differenziata fatta con i piedi. Mi riferisco al comportamento in caso di neve, quando si fa benissimo a lamentarsi dei ritardi nella pulizia e nello sgombero, ma poi non si pulisce di fronte a casa propria o nei condomini si sviluppano situazioni grottesche pur di non assumere iniziative personali per far fronte a disagi. L'altro giorno, di fronte ad un asilo ad una signora con cane sul marciapiede che faceva un lungo bisogno sulla pietra ho provato a dire: «Signora, non faccia fare la pipì al cane davanti all'asilo, cerchi un pezzo di prato!». Risposta indignata: «Pensi quelli che fanno fare la cacca e mi lasci stare». Fa analogamente sorridere che si sia fatta un norma che impedisce ai fumatori di buttare per terra i mozziconi con tanto di multa, che mai nessuno penserebbe di dare. Quisquilie in un mondo in cui ci sono situazioni di degrado e di inciviltà macroscopiche? Può anche darsi, ma da qualche parte bisognerebbe ricominciare.